
Firenze – Al tempo di Firenze Capitale, il nuovo libro di Maria Luisa Orlandini (Il Pozzo di Micene Editore) traccia un significativo profilo di questo evento epocale che incise profondamente nell’assetto urbanistico e nella vita sociale della città.
La cornice storico-politica con documenti d’epoca e bellissimi disegni, apparsi su importanti riviste, riproduzioni di manifesti e di splendidi dipinti ricostruisce lo scenario delle vicende che fecero di Firenze una capitale provvisoria, ma intesa ad adeguarsi al ruolo ed al livello prestigioso di quelle europee. E il libro lascia spazio anche alla storia “minore”, all’aneddotica, alla vita quotidiana a Firenze fra arte e letteratura, politica, commercio, grandi trasformazioni urbanistiche, straordinarie invenzioni, storia e società, usi e tradizioni.
Abbiamo intervistato l’autrice la Maria Luisa Orlandini per delineare alcuni punti salienti del suo lavoro con approfondimenti su cosa significò per Firenze essere sia pure per un breve periodo capitale d’Italia e su come fu vissuta questa esperienza
Perché fu scelta Firenze come capitale d’Italia?
Torino, già sede del regno di Sardegna e della monarchia sabauda era troppo decentrata rispetto al resto dell’Italia, francesizzante e pericolosamente vicina alla frontiera con l’Austria. L’accordo segreto del Minghetti con Napoleone III oltre ad obbligare le truppe piemontesi a difendere l’inviolabilità di Roma, capitale dello Stato pontificio, aggiungeva la scelta di Firenze come sede del Governo del nuovo Regno. La scelta era stata fatta senza la volontà dei Fiorentini e contro quella del Peruzzi, Ministro dell’Interno. Un vero complotto, di cui anche il Re si disse ignaro. Si era anche parlato, in un primo tempo, di Napoli, proposta dal Peruzzi. Inoltre, da ogni parte d’Italia, dalla Sicilia come dalle province lombarde, veniva appoggiata la scelta di Firenze contro una Torino più conquistatrice che capitale, oltre che per una certa insofferenza che si andava manifestando verso i dettami imposti dal Piemonte..
Si sa che i fiorentini non furono contenti di questa scelta. Perché?
Non lo furono anzitutto i cittadini più lungimiranti e avveduti, come il Ricasoli e il Peruzzi, e per molte ragioni. Per i drastici cambiamenti a cui si sarebbe andati incontro; per la convivenza forzosa con trentamila connazionali, ma in pratica stranieri per lingua, usi, cultura. Per la consapevolezza che il ruolo di capitale della nazione che si stava formando non sarebbe stato duraturo, prospettandosi Roma – prima o poi – come sede del Governo. Perché, in quanto meta internazionale di un turismo di élite sula scia del Grand Tour, Firenze vedeva già recepito e rispettato il suo ruolo di capitale culturale, il suo primato indiscusso nei valori artistici e letterari, il riconoscimento del suo patrimonio linguistico e storico. Già nel 1861 Firenze, l’anno stesso dell’Unità d’Italia, si era distinta sul piano nazionale allestendo la prima grande Esposizione Nazionale.
Firenze cambiò volto. Qual è il suo giudizio su questa trasformazione?
E’ la Firenze nella quale siamo abituati a muoverci. Sicuramente alcune modifiche furono troppo rapide o troppo drastiche. La città si sarebbe trasformata via via, in modo più naturale, più organico e urbanisticamente più razionale, seguendo le necessità dei tempi, l’evoluzione sociale. Molti edifici preziosi del centro della città, testimonianze della sua storia – e almeno parte delle mura stesse – dovevano essere salvati, distrutti non solo dall’indifferenza culturale al loro riguardo, ma anche dalla speculazione edilizia. Quanto è sorto nel centro – palazzi difficilmente apprezzabili per il loro aspetto architettonico, una Piazza della Repubblica che non è una piazza organicamente strutturata ma piuttosto un vuoto -suscita ancora un vago senso di disagio. La celebrazione enfatica che il ruolo di capitale richiedeva, il vagheggiare parigine ampiezze e prospettive in uno spazio urbano di decisa impronta medievale, condussero a una “convivenza forzata” raramente giustificata e armoniosa con le strutture precedenti. A prescindere dai vari necessari risanamenti, solo all’esterno, con la creazione del viale dei Colli si poté arrivare a un risultato degno di ammirazione.
.Come cambiò la vita della città in quel periodo?
Cambiò per molti quasi in modo quasi traumatico. Si pensi anche solo alla sparizione delle mura, secolare confine non solo territoriale ma anche riferimento mentale, ambito sociale, settore di edifici conventuali, orti, rimesse. La necessità di adeguarsi al ruolo di capitale vide abbattimenti ed elevazioni edilizie a ritmo rapidissimo, il concentrarsi di. Investimenti, speculazioni, innovazioni nei campi più diversi. La vita tradizionale nella città veniva messa in discussione, risultava inadeguata, bisognava guardare altrove, all’estero, a Parigi, a Vienna, a Londra. C’era in molti ambienti una corsa al profitto, il costo della vita era aumentato. Bisognava adeguarsi rapidamente a molti cambiamenti, istituzioni nuove, commerci e empori innovativi e insoliti, trasporti urbani, cibi, usanze, parlate difficili da capire. Teatri che venivano aperti, spettacoli, feste di Corte, celebrazioni fastose, la sfilata delle carrozze alle Cascine come al Bois, il Carnevale, una euforia generale e insieme sfratti e difficoltà abitative, soluzioni sbrigative per i più indifesi, e persino….la buona educazione richiesta la notte agli ubriachi rissosi. Fu una grande scossa. Molte volte ho pensato a come dovevano sentirsi gli anziani, con le loro inveterate abitudini, a come cambiava per loro una Firenze cristallizzata.
Il suo libro è arricchito dal ritrovamento di un antico manoscritto. Di cosa si tratta?
Si tratta del diario manoscritto di un Fiorentino, rimasto anonimo, perché si conoscono solo le sue iniziali. Un testimone discreto, che si è affacciato dalle quinte del tempo, risvegliato dalle rievocazioni celebrative sulla sua città. In questo diario, che comprende gli anni dal 1869 al 1878, è annotata accuratamente, giorno dopo giorno, una serie preziosa di informazioni quanto mai dirette circa gli eventi più importanti della città, le novità politiche, i personaggi illustri arrivati in visita alla capitale, le feste private nei “salotti” nobiliari o dell’alta borghesia, le grandi ricorrenze popolari, nonché gli spettacoli teatrali, eventi sportivi, inaugurazioni, spostamenti del Re, ma anche gli infortuni, gli incendi devastanti. Numerosi sono gli incidenti stradali causati da carrozze e cavalli, oltre a risse, aggressioni, furti, suicidi quotidiani, che rivelano una Firenze inaspettatamente violenta e truculenta. Anche la situazione metereologica viene annotata, con il maltempo o le nevicate che mettono in difficoltà la vita cittadina.
Il suo libro contribuisce a valorizzare la memoria di quell’evento..Perché pensa che essa debba essere valorizzata?
Il passato è la nostra ossatura. Non ce ne accorgiamo, ma nella nostra vita quotidiana ci sono ovunque le conseguenze e le eredità di quell’evento: nelle strade che percorriamo, negli edifici che ci troviamo intorno, nella nuova struttura della città, in tante istituzioni, nel benessere o nelle difficoltà che in molte famiglie derivarono da quel tempo. Un periodo da non dimenticare, intenso e vivace, che indubbiamente scosse la città da una certa provinciale sonnolenza o quantomeno dalla quiete su glorie accertate, e vide la sua partecipazione in primo piano alla conclusione dell’epoca che aveva creato la nostra Nazione. Un evento che scosse la città davvero dalle sue fondamenta, importante, nell’ottica della sua storia, quanto uno dei suoi periodi più famosi. Essere stata capitale d’Italia, avere vissuto quei brevi anni, compresa la loro fine amara, quando in pochissimi mesi i Piemontesi si dileguarono in corsa verso la nuova capitale, rendendosi conto di essere stata solo una tappa e che tanto sforzo, tanto faticoso adeguamento, tanta gloria, avevano lasciato solo dei lavori edilizi da terminare e un Comune in fallimento, fu un’ ulteriore esperienza fondamentale. Un periodo quanto mai interessante, da studiare, capire, approfondire, forse con risvolti ancora non bene individuati.