
Pistoia – Celeste è una ragazza dei nostri tempi. Apparentemente cinica, ma anche ironica e provocatoria, soprattutto verso se stessa, unica arma per difendersi da ciò che la vita pare le abbia negato. Almeno al momento. Questa è la figura che pare delinearsi nel libro ” Alice senza meraviglie” di Emanuela Mascherini, presentato a Pistoia presso Libreria
Il globo con Valentina Vettori de Il Tirreno e Sandra Fabbri Monfardini, direttrice Fondazione Pofferi. Il salottino letterario del centro storico cittadino ha ospitato Venerdì scorso, la nuova opera dell’attrice, regista e scrittrice, diplomata in recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia, in regia presso la New York Film Accademy, laureata in Sociologia del cinema, che si aggiunge alle altre tre opere che hanno ricevuto premi e ottime recensioni.
Parla di donne, Emanuela, anche in questo libro. Celeste incarna la figura di una ghost writer ed attrice, ad anni alterni, e racconta di una favola a tratti autobiografica. Ma quale scrittore o scrittrice non mette del proprio nei suoi racconti? Come possibile raffigurare una storia se non la si conosce? Impossibile. Ed è questa la domanda che le fanno, alla quale risponde puntualmente “Autobiografico? No. Ovviamente sono i miei occhi che parlano”.
Come direbbe Pirandello ” il personaggio alla fine vivrà di vita propria e prenderà il sopravvento sull’autrice”. Il libro non ha capitoli segnati da numeri, ma da lettere dell’alfabeto, ognuna di esse richiama un tema. Parte dalla A di Alba, come inizio nuovo dopo la notte insonne, solleticando un’allegorica immagine, per terminare alla X, la lettera conosciuta per descrivere una incognita. “Lo so, sarebbe la Z l’ultima lettera ma la vita fa com le pare” scrive in calce all’indice, l’autrice.
Punto primo. Celeste, la protagonista, esce da una storia sentimentale di diversi anni e si sveglia , improvvisamente, sbalzata in una mondo sconosciuto perché la storia finisce. Come fosse stata in letargo e di fatto, allontanata da tutto. Quindi si riparte, si cambia città e si cerca lavoro. Si ricomincia da se stesse, iniziando con una sorta di alfabetizzazione dei sentimenti e delle relazioni, che nella trama si intrecciano in un perimetro ben definito di ” loculi” romani, ” di lusso” benché piccoli, e dove vivono personaggi che, ognuno per il suo ruolo, costituiscono piano piano la sua famiglia. “Alla fine cosa è la famiglia se non una relazione affettiva che si crea e si sviluppa in un dato contesto?” Dice Emanuela. Ecco che Celeste riesce ad essere vicina e compresa affettivamente da estranei più che dalla famiglia genetica.
Punto secondo. Una madre che ancora deve capire cosa fare da grande, alla quale interessa di Celeste, sua figlia, nella misura in cui può raccontare di sé. Questo appare rispecchiare molto di quanto la nostra società stia vivendo. Diciamolo, dopo anni di sopraffazione e di segregazione ai fornelli di casa ed al talamo nuziale, oggi le donne di qualsiasi età non si arrendono e lottano, a differenza delle nostre ave, e soprattutto rincorrono ancora il sogno. Ma è possibile avere delle mamme ancora adolescenti? No. “Sono i figli e le figlie ad aver diritto a quel ruolo, le mamme abbiano il loro”. Sembra dire Celeste.
Punto terzo. Il cambiamento sociale, visto attraverso la lunga riflessione che Emanuela fa attraverso un alternarsi di ieri ed oggi, le differenze di usi e costumi. I ventenni di oggi in cosa differiscono dalla generazione precedente, od a quella dei loro genitori? Oggi esistono i social, esiste l’immediatezza, la velocità, in ogni campo, ma specie in quello delle relazioni che implicano anche i rapporti sessuali ed affettivi. Oggi viviamo in una società fluida ed in una realtà molto virtuale. “In un tempo neppure troppo lontano si faceva ” sudare” il primo bacio, figuriamoci la possibilità di “andarci a letto” – dice l’autrice- anni fa ti chiedevano concessioni sessuali dopo lunga frequentazione, oggi ti dicono se hai il preservativo nella borsetta”.
Punto quattro. Anche l’amore cambia. E ti cambia. Dopo la delusione si ritrova la verginità, d’improvviso si sentono nuovamente le farfalle nello stomaco, il fascino di qualcuno che fa breccia, il tutto accompagnato da “ansia mista a panico” in vista di una cenetta romantica. Non si ha più diciott’anni, bensì trenta e passa, ma l’ansia da prestazione non colpisce solo i maschietti, evidentemente. Ma la cenetta viene rovinata dalla mamma, in piena crisi adolescenziale, che bussa alla porta, in lacrime.
Da qui in poi una serie di avventure portano Celeste, la ragazza protagonista, a vivere le diverse situazioni che la vita di oggi presenta, ma che non racconto, per ovvietà. Lascio a voi lettori la curiosità di conoscere, con occhi diversi, ciò che una ragazza come lei vive, affronta, che poi rappresenta ciò in cui tutti noi siamo immersi, talvolta inconsapevoli. L’autrice ha letto dei passaggi educati alla madre, scelti dalla platea. Io avrei preferito un’altra, forse per me la parte più struggente. La lettera a i’ Babbo, come si dice da noi, in Toscana. Struggente, dolce e melanconicamente bisognosa di conferme, in cerca di quel sostegno che solo un padre riesce a dare. Ma non c’è più, può farlo solo con il ricordo di ciò che è stato e che sarà per sempre nel cuore di Celeste.
” Mi piace pensare che adesso, in un modo che io non conosco, mi dici quello che non hai saputo dirmi……” questo un passaggio della lunga lettera di Celeste al padre. L’emozione è inevitabile, la tenerezza le fa da cornice, e dal fondo della libreria, verso l’uscita, si ode un dolce frastuono che ci stupisce ed interrompe la lettura di alcuni brani del libro. Bambini che festeggiano qualcosa di bello, ridono e scherzano, donandoci improvvisa allegria e leggerezza, e chissà. Forse un segnale che ” quel modo che non conosco” possa essere anche questo?
Hip hip Hurrà Celeste! Piccola grande donna in corsa per la vita con tutte le sue difficoltà. Non è questa forse la chiave di tutto? La continuità e la speranza che la forza è l’amore sarà sempre con chi osa cercarli. Ovunque siano.