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“Come sono le donne”, libro per capire gli uomini

Firenze – “Come sono le donne”, sottotitolo “Una storia d’amore”  scritto con con profondissima verità e amore intenso da Stefano Martinelli, professore, fiorentino (e le virgole vanno messe, in quanto tutte e due le definizioni sono importanti per chi volesse leggerlo) è uno di quei libri “rivelazione” che tutti dovrebbero leggere. Tutti, ma in particolare le donne. Perché non è mai stato scritto, almeno di questi tempi, inno più magnifico all’intelligenza e alla bellezza della psiche femminile; romanzo che è anche più rivelatore dei meccanismi maschili nei confronti dell’altro sesso di qualsiasi trattato di psicologia in tema.

Andando diritti al dunque, il romanzo breve di Martinelli tratta l’eterna storia del fascino femminile congiunto alla giovinezza che rotola addosso all’accademico; non proprio il solito noioso professore, qualcuno ben consapevole di se stesso, dei suoi meriti e di tutto ciò che possiede. Moglie, casa, carriera, amici. Neppure così bigotto da rifuggire all’idea di un leggero, brevissimo lampo di adulterio. Ma il diavolo non è mai così scoperto eppure intrigante come in questo racconto, che tra l’altro inizia e termina fra le rovine del Colosseo di Nimes, in terra di Francia (la patria della seduzione? … Carmen, la Vénus d’Ille del grande Prosper Mérimée) che, quando lampeggia fra le pagine fitte della narrazione, assume tratti da Inferno di Dorè. E dannati sono i clochard che, attaccati alla vita fra le auguste colonne sbrecciate, si accalcano attorno alle “donazioni” (panini, frites, giornali per affrontare il freddo notturno) delle “buone donne” di Nimes, che così colgono l’attimo trasgressivo di avvicinarsi ai barboni senza sporcarsi le delicate manine.

Fra tutti i clochard c’è però un terzetto speciale, una sorta di club che sopravvive attaccato perniciosamente a un ricordo di donna, la stessa, dea e prostituta, evocativa fin dal nome: Juliette.

Ma questo il lettore lo scoprirà via via, mentre si sviluppa nella pagina il racconto, intimamente godereccio, dell’amore che a poco a poco trasforma la “scopata” con una donna più giovane e charmant della moglie (che pure il nostro eroe continua ad amare), in una travolgente passione, che, scopriremo alla fine, è “guidata”.

Sì, ma non possiamo dire altro. Perchè se il bello è l’hybris che avvolge della sua sulfurea luce tutta la storia, la vera innocente è Juliette, strumento del destino per riavvolgere nelle sue tele le contorte spiegazioni che di se stesso dà il colto professore. Senza trascurare il ruolo della bella e raffinata Wilma, la moglie. E la trama ha una sua coerenza assoluta che non possiamo rivelare.

Due parole sul professore. Voce narrante, disincantata e lucida pur nel raccontare ciò che ritiene la sua follia, è frutto di un miracolo letterario dell’autore: Lorenzo infatti non diventa mai vittima. Piuttosto rimane “il professore”, vale a dire uno che scarnifica la realtà per definirla e comprenderla, infine. Il coltello? L’ironia, su se stesso e sugli altri. E proprio questo suo esercizio continuo, che non si ferma neppure di fronte a se stesso (anzi!) lo salva dal pietismo dell’essere vittima. E addirittura, compie un altro miracolo: eleva allo stesso rango anche gli altri suoi compagni di sventura. Un piccolo pugno di uomini “sfortunati” che tuttavia guardano con stoicismo al loro (già segnato) futuro. Nessuna vittima, in questo romanzo.

Sfuggente, irrequieta, più affascinante che bella, dotata del fascino dell’irregolarità, Juliette è solo l’ultima reincarnazione del tipo di donna che è stata immortalata in tante opere di narrativa. La sua definizione, come quella del famoso sutra indiano delle “negazioni” (cos’è la realtà? Non è rossa, né bianca, non quadrata né rotonda ….) esce dalle categorie, non può essere “fermata” in nessuna delle parole correntemente usate. Che sia questo, ciò che fa impazzire il professore, vale a dire colui che per “mestiere” tende a “definire”? …. E’ una nuova Carmen (l’irregolarità, ricordate?) è l’eterno femminino che diventa sempre ciò che non t’aspetti. E in questo, racchiude anche l’oscuro volto del destino. Un’ultima cosa: Juliette è così perché è così. Così nasce, così morirà (e lo sanno i suoi uomini, tanto che aspettano il prossimo …). Si può incolpare l’acqua perché bagna? …

In conclusione, ancora qualcosa sulla scrittura. Tagliente e colta, con un uso del termine più triviale così elegante da trasformarlo in una nera perla del tutto giustificata, è del tutto adeguata al personaggio, alla protagonista, alla storia. In più, scintilla di quella terribile luce dell’ironia che permette di accompagnare anche i più pavidi nei tremendi abissi dell’animo umano. Solo per rendersi conto che, tutto sommato, anche “laggiù” si può sopravvivere, e con maggiore …. “conoscenza”. Vero,  professore?

 

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