
Firenze – “… non mi rendevo pienamente conto che stavo per assistere a un evento unico, irripetibile, straordinario” Così il giornalista Enrico Franceschini, scrive nella premessa al suo libro “La fine dell’Impero”, Baldini+Castoldi, Collana Le boe, 2021, cronaca e testimonianza del crollo dell’Unione Sovietica, tra l’agosto 1990 e il dicembre 1991. Lo stesso periodo in cui Franceschini fu corrispondente in Russia e visse in prima persona l’evento storico.
Come era già capitato nel 1917 a John Reed, l’americano che descrisse la Rivoluzione d’Ottobre nel suo celebre libro “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, Franceschini, attraverso frammenti di vari accadimenti racconta l’epilogo finale dell’Impero Sovietico. La serie di storie trasmettono l’immagine di un paese che si sta dissolvendo. Come un vecchio film, i singoli fotogrammi, uniti da una visione temporale lunga trent’anni, riassumono l’imminenza della rovina.
E sono tanti: la coltivazione di patate durante le ferie, i mafiosi avvolti nel lusso delle vacanze sul Mar Nero. La biografia giovanile di Gorbaciov, promettente studente in un villaggio di contadini, e il vecchio militare, stretto collaboratore di Stalin, che vorrebbe riportare l’ordine in Urss dando “pane e salame“ al popolo. L’incontro con la nuora di Trotzkij dopo la difficile esperienza nel Gulag evita di raccontare i ricordi più tristi per paura che per lei si riaprano le porte del carcere. Lenin e il suo Mausoleo sulla Piazza Rossa e le complicate, infinite, risistemazioni dell’imbalsamazione. Il conflitto nel Caucaso e la strage sulle rive del Baltico. I canti per difendere Riga e il richiamo musulmano a Samarcanda. Viaggio notturno con la Milizia in una Mosca violenta e minacciosa e la documentazione storica del «golpe rosso». L’interrogatorio di Gorbaciov nelle mani dei golpisti. Infine l’incontro al Cremlino con Gorbaciov appena rimosso.
Documenti esclusivi e unici per contestualizzare la fine dell’idea iniziata con la Rivoluzione d’ottobre del ‘17. Tornano a vivere parole come democrazia, libertà di espressione, nuovi progetti nascono, ma sempre con il terrore di una deriva autoritaria.