
Firenze – Storia di Maremma, storia di partigiani. E’ il nuovo capolavoro dello scrittore grossetano Graziano Mantiloni, che condensa in un libro la storia, vera, di Aroldo Colombini, di Monticello Amiata, 93 anni, combattente per la libertà in quelle zone che lo avevano visto nascere e crescere formandosi un suo forte e implacabile senso di giustizia. Sì, perché la vicenda che narra magistralmente Mantiloni, è una di quelle che mettono in primo piano, ancor prima delle ideologie, delle appartenenze (pure molto forti nella Maremma dell’epoca) un istintivo, primordiale bisogno di giustizia. Ci sono cose, insomma, davanti alle quali un uomo non può che ribellarsi. E così capita a Franco, il nostro protagonista, che sfuggito a una retata, vivrà alla macchia per otto mesi a partire dall’ottobre del ’43 sostenuto dal senso della giustezza della propria scelta, dal calore di una grandissima amicizia, dal ricordo e dalla speranza del suo unico, grande amore, la donna che diventerà, al ritorno da quell’immensa avventura, sua moglie.
Nella descrizione del periodo della guerriglia confluiscono timori, speranze, episodi, il sapore di piombo della guerra e quello amaro della morte. La morte che si viene a prendere Luigi Canzanelli, il tenente Gino, il comandante più stimato, un punto di riferimento perso il quale Franco-Aroldo si trova disorientato e perso. Ma quello che fa più male, la vera “bestia” che striscia anche nell’accampamento dei partigiani, è la paura del tradimento. Così la vicenda diventa epica e grazie alla maestria dello scrittore, si trasfomra da storia personale e testimonianza storica, in un affresco atemporale dove rimangono i grandi protagonisti dell’eterna vicenda umana: amore, amicizia, tradimento, fedeltà. Ed è dunque ancora più amara la delusione quando, arrivati gli Alleati e appeso il fucile, tornano ad affacciarsi i segni della ripresa del vecchio mondo, quello squallido a suo tempo complice del trionfo nazifascista: il trasformismo, la viltà, l’ambiguità, l’interesso del proprio tornaconto. Un libro amaro, scritto magistralmente, indispensabile per capire soprattutto da dove vengono i nostri tempi violenti e corrotti.
Un’ultima annotazione, un ricordo: all’inizio della gestazione di questo libro forte e incontaminato come il suo protagonista, parlando con lo scrittore, Graziano Mantiloni, gli chiesi come mai Aroldo avesse voluto ricordare le sue vicende, dal momento che, come mi aveva detto Mantiloni, era sempre stato parco di parole sulla sua storia di partigiano. “Vuole raccontare come andarono le cose – mi rispose lo scrittore – perché ha detto che è il momento di parlare. La gente deve sapere”. Dopo anni di retorica anche eccessiva, ora è il momento di parlare. Magari con le parole asciutte e veritiere di Aroldo Colombini, cui la magica penna di Mantiloni dà il senso di un’antica saga, sempre attuale per l’umanità smemorata.
Graziano Mantiloni
Bandito!
Edizioni Heimat
2017
12 euro