
Firenze – l’ultimo numero della rivista Testimonianze è dedicato ad Agnes Heller la filosofa ungherese che morì un anno fa mentre nuotava nelle acque del lago Balaton. Aveva 90 anni di una vita che simbolizza l’intero secolo breve. Una figura emblematica che ha attraversato i grandi totalitarismi, il nazismo e il comunismo, “senza mai abbandonare la nave”, come le aveva insegnato il padre Pal Heller.
Il titolo del volume è “le passioni di Agnes” a cura di Francesco Comina, Vittoria Franco, Severino Saccardi, Stefano Zani i cui interventi si uniscono a quelli dei filosofi e saggisti che hanno seguito e studiato il lavoro della studiosa ungherese, allieva di Gyorgy Lukacs, come Laura Boella e Amedeo Vigorelli che nel 1979 pubblicarono per Savelli un’intervista (Morale e Rivoluzione) che tanto fece discutere in Italia.
Fra gli autori di questo volume che rappresenta il più impegnato e partecipato omaggio alla Heller uscito in Italia, ci sono Andrea Vestrucci che sta lavorando a un inedito Tragedia e Filosofia in corso di pubblicazione per Castelvecchi e Paolo Maria Noseda il suo interprete simultaneo che ha arricchito il volume con estratti di interventi pubblici tratti dai suoi appunti.
Di particolare significato la testimonianza della figlia di Agnes Zsusza Hermann, è la prima volta che parla della madre in Italia in un saggio italianp. Mentre un’altra saggista ungherese, Agi Berta, ha scritto un ricordo intenso e affettuoso dell’intervista che le fece insieme al corrispondente di Repubblica Andrea Tarquini.
Colpisce molto il fatto che si tratta di amici stretti di Agnes, che aveva un carattere aperto e curioso che “sapeva godere delle piccole e grandi gioie dell’esistenza” e “teneva sempre gli occhi aperti “sullo spettacolo del mondo”. Ogni intervento ha il tono di un intenso rapporto di amicizia.
Ci raccontano la figura, la vita, il lavoro di una delle personalità più importanti della filosofia del novecento. Una intellettuale che ha mantenuto indipendente il suo pensiero attraversando entrambe le tragedie del novecento, la persecuzione della comunità ebraica alla quale apparteneva, poi la dittatura comunista che ha costretto lei e il marito a emigrare dopo essere stati emarginati per aver aderito alla rivolta popolare del 1956.
Un bisogno radicale di filosofia. Questa energia pura di una mente che ha lasciato un’eredità consistente di scritti, interventi, interviste, cercando sempre di interpretare i passaggi epocali alla luce delle categorie filosofiche levigate in anni di studio e insegnamento. Sempre affermando la libertà di critica, alienandosi di volta in volta gli autocrati che l’hanno emarginata e disprezzata perché avevano paura di questa piccola donna che teneva come bussola il suo essere pienamente filosofa.
“La filosofia altro non è che il nostro tempo pensato in concetti”, diceva. E al nostro tempo sono dedicati gli ultimi suoi lavori e interventi pubblici. Il fenomeno delle migrazioni e della risposta piena di contraddizioni e di posizioni di rifiuto dei paesi a democrazia liberale. Un test dell’esistenza per l’Europa, ha sostenuto.
E poi la battaglia politica contro Viktor Orban, il leader ungherese populista (bonapartista come lo definisce) discendente di tutti gli spregiatori della democrazia liberale.
Questa forza, questa capacità di capire la realtà e inserirla in categorie universali fa parte del suo grande fascino quale si avverte anche negli interventi nel volume di Testimonianze.