
Il suo ritratto fotografico più noto ci restituisce l'immagine di una giovane donna, sguardo luminoso e una attualissima, per i suoi tempi, acconciatura a caschetto con frangetta. Marina Ivanovna Cvetaeva è stata una delle più grandi poetesse russe vissute a cavallo tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento. All'editore Passigli il merito di portare in libreria una raccolta antologica "Scusate l'amore", Poesie 1915-1925 a cura di Marilena Rea che costituisce un valido approccio per conoscere la sua produzione poetica. Figlia di Ivan Vladimirovic Cvetaev, filologo e storico dell'arte, fondatore di quello che oggi è il Museo Pushkin e della pianista di origini polacche Marija Mejn, Marina vive l'infanzia in un ambiente carico di sollecitazioni culturali e non sorpende che a soli sei anni inizia a scrivere poesie, e già nel 1910 pubblica una prima raccolta di liriche scritte tra i quindici e i diciassette anni. Nel 1911 ospite del poesta Max Volosin incontra quello che sarà il suo futuro marito, Sergej Efron, lei ha appena diciotto anni, lui diciassette.
Le liriche qui raccolte hanno "l'amore" quale comun denominatore, la forza più potente delle emozioni capace di sprigionare nel poeta una forza creativa senza precedenti e sempre innovativa. " La lirica pura vive di sentimenti – scrive la Cvetaeva in Poeti con storia e poeti senza storia- I sentimenti sono sempre uguali a se stessi. Non hanno evoluzione , come non hanno una logica… Ci sono stati ficcati dentro il petto– come fiamme in una torcia – fin dalla nascita". Sono liriche dedicate a uomini e donne, amici e sconosciuti, il marito, la poetessa Sof'ja Parnok, i poeti Blok, Kuzim e Pasternak , amanti tra il 1922 e il 1939, gli anni dell'esilio e mai all'altezza delle sue aspettative, " Io devo essere amata in modo del tutto straordinario – scriverà- per poter amare straordinariamente", in cui il protagonista è l'io lirico del poeta che si alimenta in una passione senza fine. Lo spazio è universale e tutte le forze naturali vengono richiamate sulla scena del dramma che si consuma, le stelle, i fiumi, le stagioni. "Una migrazione cosmica è iniziata stasera:/carovane di alberi per la terra scura,/fliari di grappoli pronti alla vendemmia, /cascate di stelle di casa in casa/ fiumi che risalgono i corsi- all'indietro!/tutto questo è stasera, che dormo con te".
Caratteristico del suo verso è l'uso del trattino che riporta l'orizzontalità, attenuando lo slancio verticale assunto dal pathos. "Scusate l'Amore- è un mendicante!/Se ne va con ciabatte scalcagnate,/ e certe volte non ha nemmeno quelle!/Sul sagrato chiedeva l'elemosiva, pregando nel nome della Madonna-/una ciabatta l'aveva offerta a lei./ L'altra-accanto al panettiere/l'aveva lasciata ai ragazzini:/l'amata – dice- era passata di lì." La raccolta si chiude con la sezione "Piccole Heroides" in cui sono state concentrate le liriche che hanno come protagoniste eroine dell'antichità, dei cliassici e della Bibbbia, come Sibilla, Fedra, Arianna, Elena, Maria Maddalena, tutte accomunate da un paradigma: quello dell'amore impossibile.