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Federazioni della danza sportiva: lobbies e regole contro la libertà e i diritti umani?

Ci siamo abituati. In Italia la FIDS ha per lungo tempo impedito ai nostri atleti di partecipare alle competizioni che si svolgevano in Inghilterra, e in altri paesi, per motivi sostanzialmente legati a conflitti economici e faide tra giudici e maestri. Poi è giunto il commissariamento e le cose sono cambiate, ma ogni federazione continua ad avere una lista di gare a cui gli iscritti possono partecipare: se si esula da questo elenco e si gareggia in eventi approvati da altre federazioni si viene puniti, al di là di ogni motivazione.
E’ di questi giorni la notizia che ad alcuni dei nostri ballerini iscritti alla WDSF sono state  chieste spiegazioni, in genere prodromo della sospensione, per aver gareggiato agli ultimi campionati WDC di Eurodisney.
Ma le rivalità e i campanilismi non conoscono confini geografici: l’8 dicembre Matthew Rooke e Anna Longmore che nella categoria Standard occupano la prima posizione in Australia e la quindicesima nel mondo, sono stati cacciati durante la gara 66th Australian DanceSport Championships che si è disputata nella Hiense Arena a Melbourne, in Australia.
Quale il motivo di un’azione così dura e plateale? Stando ai giornali e alle televisioni australiane che, pur imbarazzati, hanno puntualmente riportato la notizia (che da noi sarebbe stata come sempre ignorata), sembra che Anna Longmore durante il ballo d’onore indossasse sul vestito regolamentare una fascia gialla, colore simbolo di “Freedom to dance”.
La coppia aveva deciso di esibire un segno di riconoscimento del movimento a favore della libertà della danza, per solidarietà nei confronti di alcune coppie escluse dalla gara per aver in precedenza gareggiato al London Ball, competizione non registrata nel calendario WDSF.
Freedom to dance” è nato come pagina di Facebook nel 2010, ad opera del ballerino e maestro inglese Richard Gleave. Oggi è un gruppo aperto che conta 4663 membri, tutti ballerini amatori e professionisti, che credono nella libertà di danza intesa come autonomia responsabile nel giudicare, organizzare e insegnare. Libertà che si fonda sulla correttezza e sull’integrità, ed anche sui diritti umani. “Quando è necessaria la forza per impedire alla gente di ballare, i diritti umani sono violati”, si legge sulla pagina di Facebook.
Tutti noi sappiamo che nella danza sportiva, come in tutti gli sport, vigono regole precise a cui attenersi, anche per l’abbigliamento, ed è giusto che sia così. “Sia per gli abiti che per gli accessori degli atleti, come decorazione non è mai concesso l’uso di simboli con riferimenti religiosi, politici o offensivi della pubblica morale”, recita il Regolamento attività sportiva federale. Le norme omogeneizzano e standardizzano comportamenti e danze. Ma in questo caso non c’entrano niente.
Quello che è stato punito è il gesto di ribellione della coppia di atleti nei confronti di una decisione federale: un gesto silenzioso e pacifico rappresentato da quel colore giallo con cui esprimere disappunto per esclusioni ingiuste.
Il presidente della federazione Australiana Don McRobert, dopo lo spiacevole episodio, sembra abbia cercato di rimediare dicendo: “dobbiamo adoperarci tutti insieme al fine di raggiungere una soluzione pacifica dei problemi affinché questo non avvenga più in futuro.”
Come si legge sulla pagina di “Freedom to dance”: “So Dancers do not be afraid! You have the freedom and right to dance. You have the power! Together we can change it!”. Ce lo auguriamo davvero.

Foto: Herald sun http://www.heraldsun.com.au/

 

 

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