Affascinante Andalusia, “finis terrae” europeo nel saggio di Franco Cardini

Firenze – “L’Andalusia – scrive Franco Cardini – è uno spazio geografico, storico e mitico, ma anche uno spazio intimo. È un «finis terrae» europeo, cuore di molte culture – barbara ed eurasiatica, berbera e araba, sefardita ed ebraica – eppure, rispetto a tutte, appartato e remoto”.

In questo orizzonte quasi senza tempo, lungo sentieri roventi come la piana del Guadalquivir d’estate o gelidi come i picchi della Sierra Nevada d’inverno, si snoda il recente libro dell’autorevole storico, Andalusia. Viaggio nella terra della luce (Il Mulino editore ) con un itinerario spirituale nel quale incontreremo molti viandanti da Averroè a Maimonide, da Cervantes a García Lorca,

Abbiamo rivolto alcune domande al Prof.Cardini per cogliere le motivazioni profonde di questo racconto così ricco di suggestioni culturali e di descrizioni emozionanti

D: Qual è il fascino dell’Andalusia che ha spinto a scrivere questo libro e che il viaggiatore si porterà dentro?

R: “In parte una questione del tutto autobiografica: il mio rapporto con la Spagna, in particolare con la Castiglia e l’Andalusia, che per gusti e per vicende biografiche è tanto intenso a farmi sentire la Spagna come la mia vera patria dopo la Toscana (non l’Italia: quanto meno, non quella uscita dal 1859-60). In parte una considerazione che nasce dal ruolo che la cultura andalusa, come parte di quella spagnola e come cerniera tra Europa, continente africano e mondo islamico, ha avuto nella coscienza identitaria europea. Tutto ciò è esposto nel primo capitolo, che è non storico bensì, come potremmo definirlo, “lirico-immaginario”.

Perché scrivi che è impossibile “pensare all’Andalusia a mente fredda e a cuore sereno”?

R: “Perché la storia andalusa, il paesaggio andaluso, quelli che Fernand Braudel avrebbe definito i “caratteri originali” andalusi, non sono coglibili al puro ed esclusivo linguaggio razionale. Per capire a fondo l’Andalusia è necessaria una comprensione profonda, che metta in gioco il sentimento, la fantasia, il sogno e i cinque sensi: chi non ha visto i colori andalusi, chi non ne ha aspirato i profumi e perfino gli afrori (la corrida, le folle della romería del Rocío), chi non ha gustato il sapore della sangría e del jamón de patanegra, chi non ha toccato la buccia dei melograni di Granada né accarezzato la pietra della Giralda di Siviglia, chi non ha mai ascoltato una chitarra che accompagna una danza flamenca può aver letto tutti i libri che vuole ma non capirà mai nulla di quella terra”.

D: Sottolinei che in Andalusia nacque l’amore moderno … perché?

R: “Perché l’amore moderno nasce dalla poesia lirica d’amore araba, ch’è una poesia cantata; da lì le casidas originarie del califfato di Córdoba del X secolo sono arrivate in Provenza, da lì è nato l’amore cortese”.

D: Dalla periferia dell’Occidente al centro del mondo… in che senso ?

R: “Perché la filosofia di Moshe ben Maimun (Maimonide) e la traduzione araba di Aristotele dal greco opera di Ibn Ruh (Averroè) sono entrambe opera di cordobeses, di due studiosi nati in quella Córdoba dalla quale, insieme con Baghdad, è provenuta la scienza che ha irrorato il medioevo dando origine alla Modernità occidentale che ha conquistato il mondo”.

D: Quanto ha inciso la storia di Al Andalus nella complessiva storia dell’Andalusia ?

R: “Quando sono arrivati i cristiani in Andalusia, dal XIII al XV secolo, hanno trovato una regione di città e di giardini e l’hanno riconvertita in una regione di villaggi e di pascoli: la pastorizia rendeva di più nell’immediato (latte, formaggio, pelle, lana, carne). Anche se distruggeva il paesaggio livellandolo e inaridendolo. I Re Cattolici hanno capito subito che la città più nobile di tutta la penisola iberica era Siviglia e ne hanno fatta la loro capitale: ma il mondo non era più lo stesso. Carlo V l’ha mantenuta anche perché era divenuta il grande centro di smistamento delle ricchezze del mondo moderno, ma suo figlio Filippo II ha preferito abbandonarla per il nuovo centro pensato per l’amministrazione, Madrid. Quando è finita la storia di al-Andalus, della Spagna “mora” dove le tre culture – la cristiana, l’ebraica, al musulmana – convivevano sia pur problematicamente, l’Andalusia non ha potuto resistere come centro della Monarchia di Spagna ed è tornata ad essere una regione di frontiera con l’Africa”.

D: E quanto è viva oggi la presenza araba immaginario collettivo ?

R: “Moltissimo al livello tanto culturale quanto estetico e turistico; con molti equivoci, tuttavia, quando si pensa che nell’Islam specie maghrebino esiste una specie di “irredentismo” andaluso di tipo religioso-linguistico che vorrebbe far tornare l’Andalusia all’Islam. Si tratta di utopie che potrebbero trasformarsi in qualcosa di pericoloso, mentre se trasferite sul piano della tradizione e degli studi sarebbero suscettibili di svilupparsi al meglio”.

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