
Firenze – Il 6 agosto 1284 presso le secche della Meloria la flotta pisana fu battuta da quella genovese nella più grande battaglia navale del Medioevo. A 735 anni di distanza una delegazione pisana si è recata a Genova nel Campo Pisano per rendere omaggio ai caduti di quell’epico scontro e oggi si terranno altre iniziative che si concluderanno nella splendida Chiesa di S.Sisto (XII secolo) presso Piazza di Cavalieri, con la deposizione di una corona d’alloro in ricordo dei caduti di tutte le guerre.
Il 6 agosto il die di Santo Sisto è una data fatidica per Pisa e fino alla Meloria era considerato un giorno particolarmente fausto per l’antica Repubblica Marinara che proprio il 6 agosto aveva colto i suoi più importanti successi. A partire dal 1003, quando Pisa sconfisse i saraceni presso Civitavecchia; successo replicato tre anni dopo, sempre il 6 agosto, al largo della costa calabra.
Da allora, quando combattevano in estate, Pisa sceglieva appunto quella data simbolo per dare battaglia. E le ripetute vittorie accrebbero il mito del giorno fatidico.
Il 6 agosto 1063 i pisani assalirono Palermo, capitale della Sicilia saracena una vittoria che fu celebrata con l’inizio della costruzione del celebre Duomo. Poi, il 6 agosto 1087, da Pantelleria raggiunsero il Nord Africa e nel 1114 sempre in quello stesso giorno compirono l’impresa delle Baleari narrata nel Liber maiolichinus de gestis pisanorum illustribus
D’Annunzio, che in varie opere ha rievocato le gesta d’oltremare di Pisa, parla appunto nella Canzone del Sacramento del giorno di S.Sisto
E fu silenzio ed isplendore insolito
Su tutto il mare al segno del Primate
E tutte l galee stavano in giolito
………………………………………….
Su la bonaccia E il giorno di S.Sisto
Era per i pisani, a mezza estate
Nel 1136 a Salerno, questa data propiziatoria divenne, invece, infausta perché dopo alcuni successi ottenuti presso Salerno e dopo aver occupato Amalfi l’armata pisana fu sconfitta da Ruggero di Sicilia.
Nel 1282 la data del 6 agosto tornò ad essere fausta perché la flotta pisana sconfisse quella genovese a Portovenere ma due anni dopo la situazione fu, appunto, ribaltata alla Meloria
Circa i motivi della rivalità tra Pisa e Genova, il medievista Antonio Musarra autore del saggio “1284. La battaglia della Meloria” (2018) ricorda che essa era incentrata sul controllo delle rotte tirreniche ma si estendeva anche all’ intero Mediterraneo e, in particolare al Vicino orientale che vide Pisa, Genova e Venezia scontrarsi per il controllo commerciale del litorale crociato. In particolare ad Acri, la capitale del regno latino di Gerusalemme.
Per quanto riguarda le conseguenze della battaglia il Prof. Musarra sottolinea che la Meloria non segnò l’arretramento definitivo della presenza pisana sul mare. E se i genovesi dimostrarono la propria superiorità navale, Pisa, tuttavia, “mantenne una certa capacità di sviluppare una micidiale guerra di corsa “ .e , nonostante la crisi demografica dovuta alle migliaia di prigionieri reclusi nelle carceri genovesi, riuscì a rialzarsi sfruttando il contrasto fra Genova e Venezia che avrebbe occupato buona parte dl decennio successivo
Non fu, insomma, l’inizio della fine che sarebbe, invece, venuta, circa un secolo dopo con la guerra di conquista intrapresa da Firenze.
“La Meloria, per Pisa, fu un fatto grave” rileva Musarra ma aggiunge che ben presto “ i traffici ripresero. I Pisani seguitarono a guardare alla Sicilia, al Maghreb e a mantenersi in Sardegna, nonostante l’investitura del Regnum Sardinie et Corsice a Giacomo II d’Aragona, occorsa tra il 1295 e il 1297, promossa da papa Bonifacio VIII. Semmai sarebbe stata la successiva perdita dell’isola, tra il 1324 e il 1326, a segnarne la decadenza come potenza mediterranea e a spingerla a guardare verso l’interno”.
Musarra ha anche osservato che questa celebre battaglia contribuì al rinnovamento della tattica di guerra navale perché le tecniche belliche pisane erano più legate a quelle della guerra di terraferma, con l’uso di galee corazzate – dunque, più lente negli spostamenti – e di arcieri, invece che di balestrieri.
Era invece assai più innovativa, quella genovese caratterizzata da rapidità di manovra, che prevedeva l’uso di balestrieri, i cui verrettoni risultavano ben più micidiali delle frecce nemiche. Oltre a ciò, pare che i Genovesi vestissero alla leggera; a differenza dei Pisani, avvolti in pesanti corazze di cuoio che ne rendevano difficili gli spostamenti. “La lunga attesa che precedette lo scontro – spiega il Prof. Musarra – risultò fatale. I Pisani uscirono dal porto dopo il mezzogiorno, dopo essere rimasti per ore sotto il sole agostano, armati pesantemente; e ciò, a differenza dei Genovesi, che – secondo la Cronaca del Templare di Tiro – tutto il giorno restarono senza armi, freschi e riposati “.
E l’autore di “1284. La battaglia della Meloria” conclude che proprio in questo periodo “ le galee genovesi iniziano a imbarcare equipaggi più numerosi mediante l’introduzione del terzo uomo per banco, che permetteva al legno di guadagnare in velocità. Insomma –osserva – ci troviamo al crocevia d’una serie di mutamenti: sia nel naviglio, sia nell’affermazione di tecniche di guerra maggiormente efficienti, che ho cercato di descrivere nel libro, le quali influenzeranno i conflitti successivi sino alla nuova, grande innovazione: l’introduzione delle armi da fuoco”.