.jpg)
Firenze – E’ il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Francesco Torselli a riportare l’attenzione su una questione che da tempo sta “affligendo” alcuni lavoratori che prestano servizio al Comune di Firenze. Il problema, semplice e allo stesso tempo sostanziale, è il ritardo con cui la società Se.Gi.srl, appaltatrice del Comune fiorentino, corrisponde lo stipendio. Ritardo cronico, che si verifica puntualmente, nonostante le prese di posizione dello stesso assessore comunale Federico Gianassi, cui più volte è stata prospettata la questione. E ieri, in consiglio comunale, con domanda di attualità, Torselli ha reso noto che alcuni dipendenti della srl non ricevono lo stipendio da almeno tre mensilità. Di nuovo. “Chi lavora dev’essere pagato” conclude il suo intervento Torselli, cui fa eco l’assessore stesso nella sua risposta. Ma lasciando sospesa la “soluzione finale” tratteggiata, sia pure come estrema ratio, dallo stesso consigliere di FdI, ovvero, tagliare il rapporto contrattuale con la società
Ma intanto, chi è Se.Gi. srl? Si tratta di una società di Montalto Uffugo (Cosenza), che ha in appalto dal Comune di Firenze alcuni servizi di pulizia e il portierato di due sedi di notevole importanza: i sistemi informativi e le attività economiche. Sul punto, l’Usb comunale fece una nota nell’estate del 2017 segnalando proprio i “ritardi cronici nell’invio delle buste paga ai dipendenti. Questi ritardi si ripetono praticamente ogni mese, dal marzo 2015, cioè da quando questa società si è aggiudicata l’appalto a oggi. Siamo a conoscenza – si legge nella nota dell’organizzazione sindacale – di ritardi ripetuti nell’accredito degli stipendi, specie di quelli di fine anno e delle tredicesime, nonché di problemi relativi al pagamento degli straordinari. Abbiamo la documentazione che almeno uno dei dipendenti per riscuotere ha dovuto inviare delle lettere di ingiunzione per mezzo del suo avvocato”.
Il “vizio” di non pagare, o meglio, di pagare in ritardo cronico gli stipendi sembrerebbe una caratteristica della società in questione. “In passato sono già state espresse lamentele contro questa società – ricordano dall’Usb – con proteste arrivate dalle direzioni interessate; proteste sindacali; una lettera firmata dai dipendenti del Comune che chiedeva di migliorare le condizioni di lavoro del personale Se.G.I. (datata 1 luglio 2017)”.
“Ci sembra – concludevano già nell’anno passato i sindacalisti Usb – che si siano accumulate circostanze sufficienti per spingere l’amministrazione del Comune di Firenze a mettere radicalmente in discussione i rapporti con questo fornitore”.
Ma il punto non è solo di principio (“che è pacifico”) come spiegano i Cobas comunali che si sono a loro volta occupati della questione, ma ha anche una forte valenza giuridica. Infatti, “il punto è regolamentato dal legislatore in modo molto chiaro. Dunque, la vera domanda è non tanto cosa fare, ma perché non lo si fa, dal momento che la giunta avrebbe tutti gli strumenti di legge per far sì che queste modalità di gestione del lavoro comporti de iure la risoluzione del contratto”.
Ciò cui i rappresentanti dei Cobas comunali si riferiscono è un accordo “locale” rinforzato e riattualizzato dal nuovo codice degli appalti. Per il primo aspetto, è ancora in vigore, come dichiarano i Cobas, un accordo sotto forma di “dichiarazione congiunta” che riguarda proprio e specificatamente l’appalto dei servizi. L’accordo, che data 2005, fu “contrattato” fra i rappresentanti comunali e l’Rsu. Il nocciolo duro è nelle “raccomandazioni” cui il Comune stesso avrebbe dovuto attenersi nell’indire le gare d’appalto. Infatti, alla lettera a) si legge: “I capitolati devono contenere in forma chiara ed esplicita la richiesta che nell’offerta di partecipazione alla gara d’appalto dovrà essere indicato il CCNL (contratto collettivo nazionale) applicato al personale impiegato nel servizio oggetto di gara; l’inquadramento contrattuale in ragione delle funzioni svolte da ciascun lavoratore coinvolto; il tipo di rapporto di lavoro instaurato cioè se tempo indeterminato o determinato; il relativo trattamento economico; le misure di prevenzione e protezione”.
E se la ditta vincitrice non rispettasse queste disposizioni? Se ciò accadesse, si legge nella dichiarazione congiunta, “Devono essere previste particolari clausole di risoluzione del contratto e di relativa rivalsa da parte dell’amministrazione nel caso la ditta appaltatrice non rispetti gli istituti contrattuali di natura giuridica ed economica previste dal CCNL di riferimento nonché quelli previsti in materia di tutele personali e diritti sindacali”.
“Se poi qualcuno pensasse che questo accordo fosse ormai, benché ancora efficace, datato – incalzano i Cobas – è il nuovo codice degli appalti a mettere nero su bianco lo stesso principio, questa volta con legge nazionale. Infatti, al comma 4 dell’art.30 si legge che “al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”. Pur essendo evidente che, se la norma fosse rispettata, la violazione di un diritto fondamentale del lavoratore che è quello di ricevere con certezza e tempestività la propria retribuzione condurrebbe a conseguenze molto pesanti per la ditta appaltatrice, al comma 6 la legge si fa ancora più esplicita per quanto riguarda il caso in questione: infatti, “in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale “…”, il responsabile unico del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi 15 giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario del contratto (…)”.
Insomma, ribadiscono i Cobas, “gli strumenti normativi ci sono. Il problema vero, che diventa tutto politico, è se esiste la volontà di usarli”.