
Firenze – Il Comune di Firenze ha alienato con asta telematica del 28 giugno 2018, 3 immobili del suo patrimonio immobiliare: 2 appartamenti a piazzale Michelangelo 80, e uno in via dello Sprone. Il Comune di Firenze? No, non è esatto. Per la verità, INVIMIT. Vale a dire, il Comune ha utilizzato INVIMIT, che è la società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, istituita a marzo 2013, per alienare mettendoli all’asta i propri beni. D’altro canto, scopo ed anima almeno sulla carta dell’istituzione di Invimit, è la valorizzazione e sviluppo dei patrimoni pubblici. INVIMIT, come recita la definizione tratta dal suo stesso sito, ha ad oggetto “la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio realizzata attraverso la promozione, l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione e di altri organismi di investimento collettivo, italiani ed esteri, ivi comprese le funzioni di natura amministrativa, nonché la gestione di fondi immobiliari”.
Sulla vicenda è stata convocata oggi, 28 agosto, una conferenza stampa da Tommaso Grassi, capogruppo in consiglio comunale di Firenze riparte a Sinistra, Mriam Amato, Pap, e Giuseppe Cazzato, esponente Cobas. Per chiedere lumi sulla vicenda. Visto che, di punti oscuri, ce ne sono parecchi. Il primo che balza agli occhi è la pubblicità dell’asta, che, essendo al di là del gioco di parole pubblica per antonomasia e afferendo a beni pubblici, doveva il più possibile essere diffusa alla conoscenza perlomeno della città, per il basilare principio della trasparenza. Eppure, l’asta è stata telematica e sul sito dei notai. Certo, un po’ difficile per i cittadini scovarla, anche perché almeno a una prima controprova, dell’asta, almeno sui quotidiani più letti, dove di solito appaiono gli incanti, non si è trovata traccia. Qualcuno dirà: tante storie per un ‘asta che sarà partita da chissà quale base …. e invece. Invece, andando a curiosare fra le carte, i due appartamenti di 74 metri quadri in vicinanza della discoteca del piazzale e del Giardino dell’Iris , con pertinenza esterna di circa 300 metri quadri complessivi per entrambi gli appartamenti (uno a piano terra e uno al primo piano) sono stati assegnati per 233mila euro circa, con un rialzo minimo della base d’asta, che era di 229 mila euro. Da varie voci si parla di una sola offerta. Viene il dubbio che, se pubblicità adeguata fosse stata fatta, la fila degli offerenti avrebbe potuto essere più lunga. Molto lunga.
Tuttavia questo è solo un piccolo problema. La seconda domanda che “sorge spontanea” è: il Comune, cosa si porta a casa? Per spiegare il punto è necessario capire il meccanismo. Di fatto, lo strumento utilizzato dal Comune di Firenze è sì INVIMIT, ma nello specifico è un Fondo di INVIMIT, chiamato Sviluppo Italia, anzi, nello specifico ancora più specifico, i3Core Sviluppo Italia, che a sua volta vede i3Core Sviluppo Italia 8-ter e i3Core Sviluppo Italia 8-quater. Ecco, il Comune di Firenze è “entrato” nel fondo chiuso denominato i3Core Sviluppo Italia 8-ter.
Un passo indietro. Ricordiamo la ragione della nascita di INVIMIT, e quindi dei vari Fondi che contiene, che è quella di aiutare gli Enti Pubblici a dismettere il proprio patrimonio immobiliare non tout court (quanto a questo, potrebbero pensarci gli stessi enti locali da soli …) bensì accompagnando la dismissione di tale patrimonio con la sua valorizzazione. Uno scopo legato alla necessità di non svendere patrimonio pubblico aggiungendo nel contempo valore agli immobili. E’ questo ciò che è successo a Firenze? …
No. Perché l’unico ruolo giocato dal Fondo chiuso i3Core Sviluppo Italia (vale a dire da INVIMIT) è stato nel nostro caso quello di mettere in vendita all’asta telematica i beni di cui sopra. come avrebbe fatto qualsiasi agenzia, e come avrebbe potuto fare direttamente il Comune di Firenze. Perlopiù, in quest’ultimo caso, senza vincoli e ad incasso diretto. Ma allora, qual è il tornaconto per il Comune e dunque per i cittadini? In altre parole, cui prodest?
Per capire questo, o meglio seguirne le tracce, dobbiamo compiere un altro passo indietro. Sull’operazione di vendita che riguarda tutto il patrimonio immobiliare conferito dal Comune di Firenze al Fondo, vale a dire 61 immobili in partenza, cui sono stati tolti i 14 di via dei Pepi stralciati dall’operazione a seguito sentenza del Tar ( vedi http://www.stamptoscana.it/articolo/tag/via-de-pepi) , più altri 5 su cui pendeva il diritto di prelazione in capo agli inquilini che ne hanno usufruito, per giungere a 42 immobili, INVIMIT, su una stima iniziale di 13,5 milioni che è stata ridotta a 10,605.118 euro perché non sono stati conteggiati gli immobili di via dei Pepi (1.978.000 euro) e quelli con diritto di prelazione per 967.800 euro, ha versato al Comune il 30%, vale a dire 3.181.535. Il restante 70%, pari a 7.423.582 è stato conferito al fondo. Fondo a durata ventennale.
Cosa significa, “ventennale”? Il fondo i3Core Sviluppo Italia è un fondo chiuso che a tutt’oggi vede come partecipanti 3 soggetti, vale a dire il MEF, INVIMIT e ovviamente il Comune di Firenze, che, dai dati dell’ultimo bilancio del Fondo, deterrebbe il 12% dello stesso. Il regolamento del Fondo non prevede che le quote sottoscritte possano essere liquidate prima della scadenza dello stesso, che è … vent’anni.
Non solo. Il Regolamento non prevede neppure nessuna garanzia che il valore nominale delle quote venga restituito, ma prevede unicamente che alla chiusura del Fondo e in base alle performance dello stesso, il valore venga ripartito in base alla quota sottoscritta. Tirando le fila: il Comune di Firenze ha di fatto messo in piedi un investimento a rischio, a vent’anni, avvalendosi di beni pubblici.
A ben vedere, il problema non è costituito, come dice Giuseppe Cazzato, dei Cobas, “dai tre appartamenti venduti. E’ invece che la maggior parte dei 42 alloggi (con poche eccezioni cui sfugge la logica, sicuramente non segnalate dal Comune in quanto una volta conferiti i beni l’unico attore della gestione è solo INVIMIT) si trova sul sito dell’INVIMIT nella lista delle alienazioni. Da ciò siamo autorizzati a sostenere che su Firenze non ci sarà alcun investimento ma solo vendita”.
Non solo. “Non è stato considerato, nel conto spese-ricavi, il fatto che non si trattava di alloggi vuoti, ma la maggior parte erano abitati, con dunque un sia pur minimo “ricavo” certo per l’amministrazione – incalza Cazzato – senza contare che per realizzare l’operazione ci sono stati comunque costi materiali, come testimonia il caso di viale Giannotti, i cui appartamenti appena costruiti sono serviti quasi interamente per il trasferimento degli inquilini “mobilizzati” a causa dell’operazione, levandoli perciò anche dalle graduatorie dell’Erp. Senza considerare ancora i costi sociali dovuti all’impoverimento del patrimonio pubblico e allo svuotamento del centro storico, dal momento che molti di questi immobili insistono proprio nelle cosiddette “zone pregiate” del centro fiorentino”.
Ma alla fine, a chi servono questi soldi, vale a dire i 7 milioni e passa conferiti dal Comune a INVIMIT ? Verrebbe da pensare alle spese di gestione del Fondo, perché no. Ma anche agli immobili dello Stato o meglio all’operazione di valorizzazione degli immobili statali, situati a Bologna, Venezia e Milano per cui il Fondo Sviluppo Italia è stato costituito, come risulta dagli atti di costituzione dello stesso. L’operazione sugli immobili statali (a Venezia piazza d’armi Sant’Elena, a Milano via Aldo Tarabella, a Bologna Prati di Caprara Est e Ovest e Polveriera di Montalbano) riguarda la valorizzazione e riqualificazione degli stessi.
Tiriamo le fila. Il Fondo chiuso Sviluppo Italia è costituito da due braccia, i3Core Sviluppo Italia 8-ter, e i3Core Sviluppo Italia 8-quater (dai commi della delibera di costituzione). Il Comune di Firenze “entra” nel primo e conferisce i suoi beni immobiliari, 42 immobili, alcuni posti nelle zone nevralgiche e di pregio della città, riceve 3.181.535 euro di ritorno immediato, e la partecipazione per un 12% a un vero e proprio investimento a rischio a vent’anni. Di fatto se non di diritto, si tratta di un’operazione finanziaria attuata con beni (soldi, vista la piega che ha preso la situazione) pubblici. Senza contare un’ultima pennellata, aggiunta da Cazzato: “Il plafond previsto per la piena funzionalità dello strumento è di 500milioni di euro. Agli ultimi dati, i milioni presenti sono 63, 7 circa. Facciamo il conto di quanto manca all’appello. E se il Fondo non giungesse alla piena funzionalità?..”.
Infine, non possiamo sottrarci al “conto della serva”. Il Comune di Firenze ha ricevuto da INVIMIT 3.181.535. Nel frattempo attraverso INVIMIT ha venduto i due appartamenti a piazzale Michelangelo e quello in via dello Sprone. Per i due appartamenti del piazzale, sono 466mila euro (quota identica per entrambi, 233mila euro cadauno), per via dello Sprone 326mila euro e spiccioli, . Il Comune vendendo per conto suo senza passare per INVIMIT, avrebbe già potuto ottnere 792mila euro. il che significa, andando di questo passo e “arraggiandosi” a vendere per conto suo, che avrebbe potuto ottenere liquidità significativa senza operazioni a rischio, senza dita incrociate per vent’anni.