
Firenze – Presidio in piazza Duomo e incontro in Regione, per i lavoratori della Bekaert, in quella che sta diventando una delle più dolorose vertenze toscane.
L’incontro, finito da pochi minuti, mette in luce l’unità con cui organizzazioni sindacali, istituzioni locali e Regione richiedono il blocco della procedura di licenziamento di 318 lavoratori, allo scopo di dare un futuro all’azienda di Figline. Inoltre, viene richiesta con forza la protezione sociale dei lavoratori e il mantenimento della produzione a Figline. Tutte richieste che verranno portate domani all’incontro previsto al Mise.
Un colpo durissimo l’annuncio, da parte della multinazionale belga, dei licenziamenti che riguarderebbero i 318 lavoratori della sede di Figline Valdarno, annuncio cui i lavoratori hanno risposto con il presidio permanente in fabbrica. Senza contare che, come ricorda la Cna con una durissima nota, a questi si aggiungerebbero altri circa 100 lavoratori appartenenti alle ditte artigiane dell’area che fanno capo all’indotto. Ed è proprio il presidente di Cna Firenze Metropolitana e imprenditore di Figline e Incisa Valdarno Giacomo Cioni a diramare una durissima nota in cui si parla di scelta “incomprensibile e atto irresponsabile frutto di una modalità pirata di fare impresa”. Tant’è vero che da Cna fanno sapere di ritenere “indispensabile” il ritiro della procedura.
Del resto, la multinazionale belga non è certo un soggetto economico di poco conto. Come ricorda il presidente Cioni, la stessa Bekaert che ora chiude lo stabilimento, ha comprato appena qualche anno fa lo storico sito di produzione dalla Pirelli. Uno stabilimento con una storia di sessant’anni alle spalle, che produce nel Valdarno cordicelle di metallo per pneumatici. Non solo. L’indotto cresciuto sull’onda della produzione prima Pirelli e poi Bekaert ha saputo rispondere sempre prontamente alle richieste di investimenti e capacità imprenditoriali necessari a contribuire al successo del cord metallico prodotto dalle aziende che si sono succedute.
Intanto, un attestato di solidarietà giunge anche dal consiglio comunale fiorentino, che con un risoluzione votata all’unanimità, che invita “l’azienda a riconsiderare le scelte annunciate, ritirare la procedura di chiusura dell’attività ed a impegnarsi con le organizzazioni sindacali e di settore per rendere efficiente e competitiva l’azienda in Italia e in Europa2. Chiamato in causa anche il ministro del lavoro Di Maio a cui viene chiesto di “attivarsi per contrastare la delocalizzazione dell’attività della Bekaert di Figline e Incisa Valdarno, salvaguardare i posti di lavoro e il patrimonio tecnologico e industriale dei nostri territori”.
“Ci batteremo fino in fondo, con tutte le nostre forze, non lasceremo nulla di intentato. Sono disposto a stare al vostro fianco in qualsiasi forma di lotta che deciderete di intraprendere per far valere i vostri diritti”. Il presidente Enrico Rossi l’ha detto in piazza Duomo, incontrando i lavoratori della Bekaert, e l’ha ripetuto in Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati, dove è avvenuto l’incontro. Al tavolo una nutrita rappresentanza sindacale e tutti i sindaci del Valdarno. “La disperazione e la rabbia sono palpabili, si percepisce tutta l’ingiustizia di quanto è accaduto”, ha commentato Rossi, facendo riferimento alle lettere di preannuncio di licenziamento recapitate dalla Bekaert ai 318 lavoratori dell’azienda, mentre erano al lavoro.
“Questa è praticamente una serrata – ha detto il presidente, prima in piazza, poi nell’incontro più ristretto con sindacati e sindaci, assieme al consigliere per il lavoro Gianfranco Simoncini – e per prima cosa noi chiediamo che venga immediatamente revocata, che venga subito ritirata la procedura di chiusura di stabilimento. Poi vogliamo aprire un tavolo che consenta di proseguire la produzione. Dobbiamo capire dove sta il problema, e fare un intervento speciale: situazioni di questo tipo me ne sono viste passare diverse. Se le ragioni sono basate sui salari e sul dumping, bisogna ricontrattare con l’impresa. E se questo è un caso che riguarda l’Europa, dobbiamo costituire un fondo nazionale per chiamare le multinazionali a contrattare, come si stava facendo con Calenda (nel corso dell’incontro, è emerso che un decreto Calenda dell’8 maggio scorso prevede uno stanziamento di 200 milioni di risorse pubbliche contro la delocalizzazione, ndr). Se ci sono cali legati al mercato, che ci sia data la possibilità di intervenire con un fondo per temperare gli squilibri sociali che esistono tra uno stato e l’altro”.
“Questa è l’Europa del grande capitale, l’Europa dove vince il neoliberismo e fa arrivare ai lavoratori le lettere di preannuncio di licenziamento mentre sono al lavoro – ha commentato Enrico Rossi -, mentre l’Europa che noi vogliamo è quella dei lavoratori. Io sono profondamente europeista, perché penso che così si tutelino meglio i lavoratori. Ma quella basata sulla concorrenza e sul ricatto è un’Europa che non va bene, bisogna operare una conversione. E gli imprenditori, se rispettano il lavoro e i lavoratori, li considero amici e fratelli, se fanno i padroni e calpestano i diritti dei lavoratori, vanno chiamati padroni”.