
Firenze – Il Sichuan (o Sezuan) oggi è legato alla grande manifestazione di solidarietà che l’intero popolo cinese mostrò nei confronti della regione colpita nel 2008 da un tremendo terremoto. Senza che vi fosse alcuna spinta da parte del regime comunista, migliaia di volontari andarono ad aiutare i connazionali rimasti senza casa e senza mezzi di sostentamento.
Per gli appassionati di teatro il nome è associato alla parabola “l’Anima Buona del Sezuan”, che Bertolt Brecht scrisse tra il 1938 e il 1940, ma il tema di fondo è lo stesso: il bene e il male, l’amore e l’egoismo interessato. Per natura l’uomo è buono o cattivo? Bisogna essere cattivi per difendersi dalla cattiveria degli altri?
La risposta di Brecht è che nella sostanza l’uomo è buono ma, per sopravvivere in un mondo dominato dalle disuguaglianze e dalla mercificazione dei sentimenti, è spinto suo malgrado (“Com’è difficile essere cattivi...”) alla violenza e alla sopraffazione nei confronti di coloro che non si sanno difendere. Falsità, ipocrisia e inganno prevalgono nei rapporti a qualunque livello e l’unico motore dei rapporti sociali è il denaro. L’amore alla fine è una debolezza di cui tutti si approfittano: “L’amore può essere una debolezza, un difetto. Io ho avuto una debolezza, ho amato”.
E’ la voce di Giorgio Strehler che con queste parole conclude lo spettacolo che Monica Guerritore ha dedicato al grande regista, portando alla Pergola la storica versione scenica del 1981 che per lei “è lo specchio di quello che stiamo diventando, un popolo dalle maschere di cattivi”.
E’ davvero emozionante ritrovare sul palcoscenico l’arte del maestro triestino: le sue geniali soluzioni sceniche, l’uso drammaturgico della luce e dell’ombra, la forza dell’interpretazione attraverso la recitazione e i gesti degli attori. Se una regia è un’opera d’arte dell’effimero che può al massimo essere fermata in un video che inevitabilmente perde molto della natura del teatro che è trasmissione reciproca di empatia ed emozioni fra gli attori e il pubblico (anche nel Verfremdungseffekt, l’estraniamento brechtiano che, nella distanza dall’oggetto rappresentato, favorisce la crescita di consapevolezza dello spettatore), allora l’operazione dell’attrice-regista è un lodevole tentativo di riprodurla dal vivo nei suoi tratti originali.
Nella proposta di Monica Guerritore ci sono momenti di perfetta identificazione, altri un po’ più deboli perché non è possibile riprodurre il rapporto perfetto fra il regista (e quel regista) e gli attori. Su tutto si impone lo straordinario talento dell’attrice che interpreta la doppia parte della buona prostituta Shen Te e della sua maschera, il cattivo Shui Ta, indossata per “non essere fatta a pezzi” da parassiti, truffatori, amanti indegni. Ma anche lui alla fine deve cedere alla “debolezza” dell’amore.
Come regista riesce pienamente a conservare il messaggio di Brecht – Strehler: l’umanità merita attenzione e compassione perché al fondo della rozza lotta per l’esistenza emerge qualcosa che la salva, perché molto della sua cattiveria proviene dalle condizioni storiche e sociali nelle quali si svolge la sua avventura umana. “Dobbiamo essere profondi, densi e lievi insieme e tutto deve scorrere con facilità proprio perché si dicono e accadono cose che pesano. Perché così è la vita”: questa la raccomandazione di Strehler ai suoi attori che Monica Guerritore ha trasmesso ai suoi interpreti: Matteo Cirillo, Alessandro Di Somma, Enzo Gambino, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno.
Fino a domenica 16 gennaio
Foto di Manuela Giusto