
Firenze – Un’ora di dialogo, intenso ed emozionante, con le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach e la storica interpretazione del genio del piano Glen Gould. Per cogliere veramente il fascino segreto della performance che Jurij Konjar ha presentato il 4 e il 5 marzo a Cango nell’ambito della rassegna “Democrazia del Corpo”, avremmo dovuto seguire entrambe le sue interpretazioni coreografiche perché, sulla base di una struttura concettuale ben definita, cambiano, si sviluppano, girano intorno, variano a seconda dello stato d’animo e delle emozioni del danzatore.
I gesti e movimenti, le posizioni del corpo, l’estenuazione delle linee sono la partitura di altrettante variazioni in perfetta corrispondenza con quella di Bach. Bastava per un momento concentrare l’attenzione sui piedi bene illuminati di Konjar e l’immagine che suscitavano era quella del movimento delle note sul pentagramma. Il pentagramma del linguaggio dell’artista si mette in perfetta simmetria con quello di Bach-Gould ( ascoltare la storica interpretazione del pianista canadese, con anche quei suoi piccoli gemiti che inseriscono un forte segno di umanità nel capolavoro bachiano, è già un’emozione).
Konjar, danzatore, improvvisatore, performer e coreografo sloveno, ha spiegato come sia riuscito a raggiungere un tale livello di perfezione nell’improvvisazione. Tutto è partito dalla performance del 1986 di Steve Paxton, danzatore statunitense fondatore della contact improvisation. All’inizio, sotto la guida di Paxton, ha lavorato di imitazione e comprensione dell’opera del maestro, per poi continuare da solo a penetrare la forza di quel capolavoro di musica e danza fino a che le Goldberg Variations sono diventate “come un amico con cui non vedo l’ora di passare del tempo ogni giorno”.
Una sorta di virtuale dialogo quotidiano a quattro (lui, Bach, Gould, Paxton) “si è trasformato in una pratica che ha iniziato a prendere forma all’interno di una bolla di qui-ora, come un incontro tra la musica, me e il pubblico”. Il risultato di questi anni di studio lo hanno potuto constatare gli spettatori delle due rappresentazioni fiorentine. Chi le ha viste entrambe avverte che nella seconda Konjar ha mantenuto una linea più leggera nella dinamica e nella energia, più intimistica. Si può parlare di profondità, di forza della leggerezza? Lui ne ha dato conferma.
Ci sono secondi di silenzio prima dell’avvio del pianoforte di Gould. Un momento di sospensione, come di liberazione dalle scorie del quotidiano per entrare in un mondo che assomiglia alla bellezza dell’assoluto. Konjar tocca il muro all’inizio e alla fine, come per indicare l’avvio di una esperienza che va al di là del mondo fisico per poi tornarvi in qualche modo diverso, purificato.
In foto Jurij Konjar in Goldberg Variations (copyright Hans Schubert)