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Conversazione con Mario Rotta fotografo Cultura

Firenze –  Conversazione con Mario Rotta fotografo.

Autore di La Terra Sola, fotolibro di 60 pagine, Mario Rotta è un professionista esperto in tecnologie della conoscenza presso IBIS Multimedia e, precedentemente, professore a contratto presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Firenze. Vive e lavora ad Arezzo.

La Terra Sola è una narrazione per immagini delle terre toscane che si trovano tra le Crete senesi e la Valdorcia, tra Pienza, San Quirico, Montalcino, San Giovanni d’Asso o Asciano. Paesaggi già fotografati da Franco Fontana, ma qui riproposti

” … con una visione più rarefatta e allo stesso tempo più concreta … nel suo evolversi nel corso del tempo. Il tempo di due scatti nella stessa giornata, ma anche il tempo che lascia le sue tracce sullo stesso pendio a 10 o 12 anni di distanza. Attimi o anni in cui la terra che di questi paesaggi è la protagonista indiscussa resta sola con il suo segreto.”.

 

Caro Mario in occasione della pubblicazione del tuo libro vorrei farti alcune domande su questa tua attività, parallela

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Mario Rotta via Skype

 a quella di docenza e alle altre nel corso della vita. In particolare, quando hai cominciato ad utilizzare la macchina fotografica?

Da bambino ho sempre disegnato e dipinto, mentre l’approccio con la fotocamera è iniziato  solo quando a 14 anni mio padre mi regalò una macchina fotografica.

Cominciai subito ad usarla, ma la tecnica me la insegnò in laboratorio un suo collega della polizia scientifica.  Mi insegnò a guardare e ad agire rapidamente, per poi tornare a studiare l’immagine.  Questa esperienza fu fondamentale per me che  appresi così ad usare il mezzo fotografico con una tecnica che potremmo dire scientifica,  senza concessioni all’improvvisazione e al soggettivismo.

Negli anni successivi, a Firenze, dove studiavo Storia dell’arte, per mantenermi fotografavo opere d’arte che servivano ad illustrare le tesi di laurea dei miei colleghi di studio. Successivamente, dopo la laurea, continuai a mantenermi organizzando mostre e appresi ad interagire con gente del settore.

Hai fotografato sempre nel corso della tua vita

Essenzialmente sì, anche se quando nel ’99 mi rubarono tutta l’attrezzatura e le fotocamere analogiche che mio padre mi aveva regalato, percepii tutta la violenza di questo gesto, come una perdita grande anche a livello affettivo. Per alcuni anni non volli avere più niente a che fare con la fotografia e cessai del tutto questa attività.

Poi circa quindici anni fa, con la scoperta delle fotocamere digitali, mi sono appassionato a questa  tecnica, al concetto di digitale e a tutto quello che poteva implicare. Ho iniziato così ad utilizzare macchine digitali di ogni tipo, raccogliendone infine una vera collezione. Mi esercitavo molto. Fotografavo tanto e di tutto soprattutto in viaggio.

Adesso utilizzo sia fotocamere analogiche che digitali e mi appassionano sia i collage che l’elaborazione delle immagini.

I tuoi soggetti sono diversi, così come i temi di ricerca

Fondamentalmente mi  interessa la visione metafisica del paesaggio, in particolare lavoro intensamente e in maniera continuativa sul tema della campagna intorno a Pienza, zona che conosco bene e che frequento abitualmente (potrei dire che lo faccio anche per rendere omaggio a Franco Fontana?).

In archivio ho raccolto oltre 70.000 scatti dall’età 15 anni ad oggi.

Raccontami qualcosa sulla parte tecnica e la strumentazione

Per l’archiviazione delle foto digitali utilizzo il software grafico Picasa. Delle analogiche conservo gelosamente i negativi e una cassa di diapositive Kodachrome risalenti al ’78  ancora valide, di buona qualità. Kodachrome era una tecnica cara: per lo sviluppo bisognava inviare i negativi in Svizzera ma, a differenza delle Fujichrome e delle Agfachrome, la qualità del colore era alta ed esso rimaneva invariato anche dopo cinque o sette anni.

Ho stampato anche in Cibachrome da positivo, una tecnica che rende colori brillanti e puri. Poi per mancanza di spazio smisi di sviluppare da solo.

Tra il 2002 e il 2003 acquistai di nuovo fotocamere analogiche, e adesso ne posseggo una bella collezione di cui fanno parte Rolleiflex, Canon, Hasselblad, piccole  fotocamere da tasca, e un foto-fucile Zenit di fabbricazione sovietica.

Nel corso del tempo ho continuato ad accumulare anche numerose fotocamere digitali, tra le quali Minox, Fuji, Canon EOS 10D, Canon EOS 50D, Panasonic, Lumix. Sulla mia Canon, che porto sempre con me, ho montato un obiettivo da 60 mm. che tengo sempre fisso, pronto all’uso.

Mi farebbe piacere sapere se hai in programma una mostra fotografica

Certo, ho già pronti nove gruppi composti da nove fotografie introdotti da nove porte. Ma esporre è molto costoso e sto riflettendo su come finanziare questa possibile mostra composta da novanta fotografie che, secondo i miei calcoli, dovrebbe raggiungere un costo di 5000 euro per la stampa a cui vanno sommate le spese per il montaggio su pannelli robusti. Un’idea alternativa che mi era venuta in mente è una forma di cofinanziamento, sotto forma di adozione di una singola fotografia da parte di uno o più committenti, che entrerebbero in possesso dell’opera al termine della mostra.

Avrei già pronta anche la seconda ricerca intitolata “Nei sogni” in omaggio a Magritte e al modernismo. Per questo lavoro mi sono concentrato sulle geometrie e ho applicato alla fotografia le sequenze numeriche di Fibonacci e i parametri della sezione aurea.

Ci sono poi altri progetti monomaniacali, sull’onda dello spirito dell’assemblaggio, che vertono sul tema delle foglie, dei naufragi di navi, dei fiori (stravolti).

Si tratta di ricerche che possono stare insieme  e potrebbero rispondere al nome collettivo di Digitalia et Mirabilia, una Wunderkammer o Camera delle Meraviglie.

Certo, la stampa ha un valore aggiunto, ma non è determinante per  buona parte del mio lavoro, fatta eccezione per la raccolta attuale che deve essere stampata perché possa essere apprezzata pienamente.

Si tratta di una mostra per tre viaggi: Grecia, Praga e Jucatan. Un’altra serie è dedicata a New York, una New York non metafisica, sovrapposizione di vari quartieri, con immagini che potrebbero essere stampate in dimensioni che raggiungono i tre o quattro metri in altezza.

E qualcosa sulle scelte tecniche

  • Mi interessano le luci e le ombre,  le geometrie. Amo geometrizzare, rendere metafisico il paesaggio naturale, osservare il paesaggio urbano visto come insieme di geometrie, come una serie di rapporti numerici.
  • Altero poco le fotografie e quello su cui intervengo potrebbe essere realizzato tranquillamente in camera oscura con una fotocamera analogica.
  • Quando lavoro sull’immagine digitale non mi fido unicamente della mia percezione visiva, introduco piuttosto un rapporto numerico, un meccanismo proporzionale: se aumento la luminosità di otto punti, aumento di otto punti anche il contrasto. Il rapporto è sempre un multiplo, ad esempio un multiplo di otto.
  • Anche per quanto riguarda il colore utilizzo una sequenza di numeri, multipli di otto, mi guardo bene dal basarmi sulla percezione visiva, così relativa, ma su parametri numerici, sequenze e sezione aurea.
  • La maggior parte dei fotografi si basa unicamente sulla propria percezione visiva, mentre altri, come me, utilizzarono intenzionalmente questi valori numerici.
  • Sulla base di questi valori numerici le immagini possono essere scomposte e ricomposte in maniera esatta, sovrapposte e ricomposte.
  • Il mio piacere più grande non è tanto o solo quello di scattare la foto, ma di poterci lavorare sopra.

Qualcosa sul paesaggio toscano, ovvero il paesaggio quotidiano

Con il paesaggio toscano ho un rapporto di amore e odio, lo osservo con amore, ma lo odio quando lo rivedo in un’immagine, come una cartolina perfetta. Allora lo smonto.

Per rompere l’effetto cartolina, tra il 2003 e il 2004 ho cominciato a fare esperimenti recandomi nei campi della Val d’Orcia e portandomi dietro una collezione formata da una decina di macchine fotografiche: ho distribuito le fotocamere in terra, ma in punti diversi del territorio. Poi ho scattato mettendo a fuoco lo stesso oggetto: un filo d’erba, una foglia, un albero.

Hai consigli per i giovani desiderosi di cimentarsi con questa tecnica?

Da parte mia un invito alla riflessione: mantenersi con il solo lavoro di fotografo è un azzardo e aggiungo che è consigliabile integrare questa attività con altre fonti di guadagno.

Una regola fondamentale per chi decide di approcciarsi alla fotografia è di non farlo esclusivamente per appagare la propria libido,  ma di intraprendere questa strada guardandosi sempre intorno, con occhi aperti e vigili, poiché quello che dobbiamo rendere attraverso il mezzo fotografico è solo ciò che vediamo con i nostri occhi, ma anche con la nostra immaginazione. La fotografia non può essere uno scatto senza anima, un fotografarsi addosso, come forma di un narcisismo visivo. La fotografia oggi è piuttosto contaminazione.

Per quanto mi riguarda posso dire di aver fotografato i prati della Val d’Orcia con lo spirito di un fotoreporter di guerra. Credo che sia fondamentale aver chiaro che chi fotografa deve avere una cultura visiva.  Bisogna farlo senza ignorare ciò che si è già fatto, la nostra cultura, la nostra storia. Secondo me, ripeto, è necessario individuare il proprio spazio, il proprio punto di vista, è necessario fare cultura visiva.  Per questo si devono tenere presenti due aspetti: la tecnica e la composizione,  entrambe correlate, l’una necessaria all’altra.

Senza questi elementi non si riesce a descrivere ciò che si vede e la differenza tecnica è in funzione della percezione.

Note biografiche

Mario Rotta si è laureato in Lettere Moderne con Indirizzo Storico-Artistico, discutendo la sua Tesi di laurea sulle tecniche di produzione e le modalità di diffusione dei libri e dei manoscritti a Firenze nel XV secolo.

Tra le altre attività al suo attivo, a curato edizioni a stampa e cataloghi e ha lavorato in una tipografia.

Di  scrive: “Il tempo è passato studiando storia dell’arte all’università di Firenze, poi archivistica e museologia. Ho progettato e commentato mostre, ho scritto recensioni e libri. Poi ho scoperto il computer e mi sono specializzato in informatica umanistica. Nessuna contraddizione, in fondo, ho solo ricominciato a sperimentare: si può usare il linguaggio della multimedialità per insegnare l’arte? Si può usare Internet per esplorare nuove modalità di organizzazione e condivisione della conoscenza? Certo che si può, ed è questa la sfida che la mia generazione ha la fortuna di dover affrontare. Una sfida importante, paragonabile alla nascita del libro, al passaggio dai rotoli di papiro ai codici medievali, all’invenzione della stampa. Così, da quasi 15 anni, il tempo passa provando a ragionare sul concetto di ipertesto, progettando interfacce multimediali, scrivendo libri sull’e-learning e coordinando progetti di formazione in rete per università, banche, scuole, aziende, editori. Ormai dicono che sono un guru in questo ambito molto specifico. Ma forse il tempo che verrà passerà osservando i delfini nel loro habitat e cercando il senso delle immagini digitali che raccolgo per costruire altre immagini.”

Il libro La Terra Sola può essere acquistato sia nella versione a stampa che in formato digitale

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Contatti

  • mrxibis@gmail.com
  • mrxibis@yahoo.it

siti web:

  • http://www.mariorotta.com/knowledge/
  •  http://www.mariorotta.com/

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