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Dialetti toscani: parole antiche che scompaiono e riappaiono Cultura

Firenze – Una sessantina di anni fa…quando in casa non avevamo il telefono, se volevamo comunicare con qualcuno che abitava nello stesso paese (nelle città il telefono era già  abbastanza diffuso) si andava direttamente a casa sua e se l’interessato non c’era gli lasciavamo un’imbasciata. Ad esempio: “puoi dire a Carlo che verso le cinque ci troviamo in piazza per andare a fare una partitella al campino?”. Insomma, un messaggio verbale che veniva affidato a qualcuno. Imbasciata, appunto, termine connotativo oggi scomparso (mi riferisco, in particolare, alla Toscana occidentale).

Altre parole dialettali sono in completo disuso come aggaiare per arrabbiare, pionso ovvero di grosso spessore, intuccare per bruciacchiare, gronchio.  

Queste parole non sono però meri sinonimi di quelle attuali perché hanno valenze ulteriori. Dire mi sono aggaiato non è come dire mi sono arrabbiato perché  in senso traslato sottintende che mi sono sgolato o che ho dovuto faticare a fare qualcosa, un po’ come il fiorentino ingrullito che è ancora in uso. Così, dicevamo “mi sono aggaiato per trovare  un  certo oggetto (ho dovuto cercare e chiedere)  oppure sono ingrullito per trovare ecc.  Anche  intuccare  è  diverso dal  generico  bruciacchiare, ma  si riferisce specificamente  ai panni intuccati col ferro da stiro e vi si potrebbe trovare anche un’assonanza con attaccare in quanto la stoffa  se intucca  sembra  anche attaccarsi al ferro da stiro …

Gronchio  nel dialetto pisano e lucchese equivale anzitutto a rattrappito, intirizzito..  ma in senso traslato lo usavamo anche quando non riuscivamo  ad afferrare un oggetto  e se  cadeva dicevamo  appunto sono ”gronchio” . Cfr.  https://www.treccani.it/vocabolario/   dove si cita anche questo verso del Pascoli  da “I nuovi poemetti “   Con le due maniancora gronchieal core

Ma accanto alle parole che scompaiono che ne sono altre che…. riappaiono. Ovvero termini arcaici che hanno trovato una seconda giovinezza e non in una prosa erudita o in testate di nicchia ma addirittura in trasmissioni televisive generaliste come  tg  o talk show.

Capita infatti di sentir dire vi diamo contezza di ….per annunciare una notizia.. Inoltre sento  talvolta  il termine sodale come sinonimo di amico e la parola  corrivo  che non è sempre di facile interpretazione. Infatti su  https://www.treccani.it/vocabolario/  è così definita: Avventato, troppo facilmente disposto nel fare o a credere qualcosa, ma anche  tollerante, condiscendente: non bisogna essere troppo corrivi coi figli .

Un altro arcaismo che è ritornato:  vieto  come sinonimo di  antiquato, desueto, superato.

Inoltre ho sentito dire in tv che una persona interrogata  è  rimasta  silente.

Oltre al ritorno di  arcaismi  c’è anche quello del latino.  Qui pro quo  invece dell’ormai disusato  equivoco che,  di fatto, resta solo come aggettivo  ad es.  “un  tipo equivoco”.

E parecchio in voga l’elencazione  in primis, in secundis, in tertiis,  che però  non deriva dal latino classico  perché caso mai dovremmo dire  primum, deinde, postea

Sembra, quindi, una sorta di latino maccheronico ovvero una  verniciatura di latino in parole italiane (in genere desinenze o assonanze)  Il latino maccheronico è  nato nel XV secolo per lo più con intento ironico. Così Macaronea di  Michele di Bartolomeo degli Odasi che  nei secolo successivo annovera molti altri autori. In particolare si ricorda la composizione poetica  Baldus di Teofilo Folengo  parodia dei  poemi cavallereschi  e dove l’uso del latino maccheronico ha un effetto grottesco (per approfondire cfr. U.  E. Paoli, Il latino maccheronico, Firenze, F. Le Monnier, 1959).

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