
Firenze – Un grande spettacolo fra teatro musica e cinema nella terza serata del New Generation Festival che si conclude oggi nei giardini del Palazzo Corsini di Porta al Prato. Di scena Henry V, l’Enrico V, di William Shakespeare con la regia di Rebecca Steel, una sorta di manifesto politico del Bardo in contrapposizione con il Principe del fiorentino Niccolò Machiavelli.
La “ Serata Shakespeare ”, tuttavia, ha offerto al pubblico fiorentino e internazionale una inedita “contaminazione” artistica a cavallo fra il teatro, la musica e il cinema proponendo il dramma con l’accompagnamento orchestrale dal vivo della colonna sonora composta da Sir William Walton, per il film che Lawrence Olivier realizzò nel 1944 con la benedizione del governo britannico per iniettare nuovo slancio e spirito patriottico nel momento in cui le truppe alleate stavano per dare l’ultima spallata al nazismo.
L’adattamento che fu realizzato dal compositore Christopher Palmer dopo la morte di Walton (Henry V: A Shakespeare Scenario) fu riproposto nel 2016 in occasione del 400° anniversario della morte del Bardo. Al festival anglo-fiorentino è stato eseguito da un’orchestra di 70 giovani musicisti provenienti dai principali conservatori di tutto il mondo diretti da Jonathan Santagada, un altrettanto giovane direttore d’orchestra italiano che ha lavorato con Antonio Pappano per diversi anni al Royal Opera House Covent Garden e che ha diretto le orchestre di molto teatri dell’opera europei .
Novità assoluta proposta dai tre direttori artistici del Festival (Maximilian Fane, Roger Granville e Frankie Parham) per il pubblico italiano è stata l’integrazione della musica con il dramma teatrale. Viene subito in mente l’Alexander Nevskij di Sergej Eisenstein con le musiche di Sergej Prokofiev che fu promosso dai sovietici con l’analogo scopo propagandistico patriottico antinazista. Con la differenza ovvia che quello era un film muto che dunque cercava di suscitare emozioni attraverso l’immagine e la musica.
L’operazione curata da Steel, Santagada, il musicista Tom Recknell e altri giovani creatives era più complicata ma è sostanzialmente riuscita. E il merito è anche di Shakespeare il quale, nella storia del principe ingaglioffito della banda Falstaff che si trasforma in un re di grande saggezza, tempra morale e spirito di servizio verso il suo popolo, ha inserito un coro incaricato di stimolare, in accorte pause dell’azione drammatica, l’immaginazione e il sentimento. La musica diventa dunque una sorta di metalinguaggio che sostiene e completa la parola e che assume il ruolo di protagonista nella fase eroica della battaglia del 1415 stravinta dagli inglesi.
Da parte loro gli attori hanno offerto agli spettatori un saggio di recitazione shakespeariana di altissima qualità. Da Jack Gordon (Henry V) ad Alice St.Clair (Katharine of Valois), da Lizzie Clarke (Chorus) a Matthew Woodhead (Pistol) e tutti gli altri impegnati nell’interpretare il doppio registro, alto (la missione del re giusto) e basso (le evoluzioni linguistiche e le comiche espressioni plebee degli amici di Falstaff e della Mistress Quickly) proprio di questa fase compositiva del grande drammaturgo.
In particolare Gordon è stato all’altezza di un personaggio che rappresenta il punto di incontro dell’unità nazional-popolare linguistica di questo capolavoro: saggio come chi ha sperimentato i lati oscuri dell’anima umana, spontaneo e burlone come chi ne conosce le debolezze, motivatore convincente come colui che ha chiaro il bene del suo popolo. Puro divertimento in scene come la “lezione di inglese” della figlia del re di Francia. L’entusiasmo del pubblico ha coronato una serata di grande qualità.