
Firenze – L’angelo di Monaco (Longanesi Editore. 2020) è un libro d’esordio (l’esordio italiano più venduto alla Fiera di Londra 2019), ma nel quale Fabiano Massimi rivela una mano sicura di scrittore thrilling. Si tratta di un romanzo basato su fatti reali, incentrato su una vicenda poco conosciuta e tuttavia rilevante: il (presunto) suicidio della nipote di Adolf Hitler (alla quale lo zio e tutore era fin troppo affezionato, come si mormorava a Monaco) la ventitreenne Angela (Geli) Raubal che l’autorevole storico Joachim Fest ha definito “il primo, vero, unico amore” del Führer nazista.
Questo thriller storico, inquietante anche per il contesto nel quale si svolge, è uno di quei libri che quando devi interromperne la lettura non vedi l’ora di riprenderla ma, per di più, durante la pausa, ci rifletti sopra per cercare di precedere gli investigatori nella scoperta dei numerosi misteriosi risvolti di questo tragico evento.
Infatti i dubbi che vengono sollevati sono molti. E altrettanto numerosi sono gli indizi che Fabiano Massimi distribuisce sapientemente. Piccoli indizi che potrebbero ribaltare l’angolo prospettico o ,viceversa, non avere influenza determinante. Il lettore si arrovella allora sulle varie ipotesi. Se è suicidio qual è stata la causa e perché tanti particolari non tornano? E se fosse omicidio quale sarebbe il movente e chi potrebbe esserne l’autore ?
Ad accrescere il clima fosco è, appunto, l’ambientazione, in uno dei periodi più drammatici della storia contemporanea, quello che in Germania precede la presa del potere da parte di Hitler. Manca poco più di un anno; i tentacoli del nazismo sono presenti ovunque e la paura che diffondono è palpabile. Sullo sfondo di una Repubblica di Weimar prossima alla fine, oltre a Hitler, troviamo numerosi altri personaggi che sarebbero divenuti tragicamente famosi come Himmler, Goering, Goebbels, Hess, Röhm.
Un libro, dunque che raggiunge l’ equilibrio tra invenzione narrativa ed eventi reali e documentati: un bilanciamento particolarmente difficile perché qui i personaggi reali non sono sullo sfondo come avviene nei romanzi storici “classici” ma alcuni di essi hanno un ruolo di primo piano nell’intreccio narrativo.
La vicenda prende avvio a Monaco, il 19 settembre 1931 quando il commissario di polizia Sigfried Sauer è chiamato a indagare sulla morte della giovane Geli, uccisa da un colpo di pistola in una stanza chiusa dall’interno. Tutto fa pensare che si tratti di suicidio. Tuttavia, l’investigatore si trova oggetto di pressioni da parte di chi vuole che l’inchiesta sia chiusa in poche ore e coloro che gli chiedono, invece, di andare a fondo e di scoprire se la vicenda abbia dei risvolti diversi dalle apparenze.
Il fatto che Geli sia la prediletta nipote di Hitler, il personaggio politico più in vista del momento e a un passo da prendere il potere, innesca un complesso gioco tra chi fornisce indizi e chi prepara depistaggi. Tutto ciò spinge Sauer ad approfondire con la crescente mentre cresce consapevolezza che dall’esito sua inchiesta potrebbe dipendere il futuro della democrazia in Germania.
Abbiamo affrontato con l’autore Fabiano Massimi alcuni aspetti significativi di questo libro.
Quali difficoltà comporta sul piano narrativo un romanzo storico basato su eventi documentati anche in modo dettagliato ?
La grande sfida di ambientare un romanzo in un’altra epoca storica è rappresentata, perlomeno nella mia esperienza, da due aspetti relativi propria alla documentazione: da un lato può capitare di avere molto materiale, molti dati e notizie da mettere in fila e raccontare; dall’altro nelle informazioni a disposizione si riscontrano sempre contraddizioni o carenze. Scrivendo della Germania del 1931, per esempio, si ha a disposizione una quantità enorme di fonti storiche, letterarie, artistiche e giornalisti, che che sono preziose per ricostruire non solo i fatti ma anche l’atmosfera del tempo. Bisogna però studiarne il più possibile, e questo naturalmente può portare via molto tempo. D’altra parte, una storia come quella di Geli Raubal, quasi del tutto sconosciuta nonostante la sua estrema importanza nella vita di uno degli uomini chiave del Novecento, è piena di incoerenze e buchi, che vanno affrontati con rispetto ma anche determinazione. Così, da un lato ci si ritrova a dover rendere conto di tutto ciò che si sa su un argomento, evitando in ogni modo di contraddire e omettere fatti acclarati, mentre dall’altro occorre interpretare e a volte anche indovinare cosa accadde negli interstizi della Storia registrata. Un equilibrio difficile, ma anche entusiasmante.
Un episodio poco conosciuto. Perché è rilevante nella biografia di Hitler ?
Si deve tener conto di due fatti: anzitutto, che nel settembre del 1931 Hitler non era ancora il “nostro” Hitler, ovvero il padrone assoluto della Germania, il diabolico condottiero osannato dalle folle che teneva in pugno l’Europa e il mondo. Poi, non era nemmeno, come spesso ci è comodo pensare, un essere freddo, cinico, privo di pietà. Non era, in altre parole, un mostro, ma un uomo, capace delle azioni mostruose che avrebbe dimostrato in seguito ma anche di sentimenti, anche di debolezze. Quando la sua amatissima nipote Geli Raubal fu ritrovata morta, Hitler cadde in uno stato di prostrazione tale da far temere per il suo futuro, politico e non solo. Per giorni scomparve dalla scena, e si parlò addirittura di propositi suicidi. All’interno del Partito si discussero da subito alternative alla sua guida, e i giornali colsero al volo l’importanza dell’evento, cercando chi di calvalcare lo scandalo, chi di soffocarlo. Tutti, a Monaco, era consapevoli del fatto che, per la prima e forse ultima volta, l’irresistibile ascesa del Nazismo avrebbe potuto arrestarsi. Non sono io a dirlo, ma i documenti e i testimoni dell’epoca: la misteriosa morte di Geli Raubal avrebbe potuto cambiare il destino del mondo.
Perché ha pensato di scrivere questo libro nella forma di romanzo ?
Anzitutto perché mi ritengo un narratore più che un saggista. Ci sono molti intellettuali in grado di fare le due cose – per esempio il mio maestro Umberto Eco – ma quanto a me, da sempre ho la tendenza a rendere narrativo quello che apprendo, o forse ad apprendere le cose solo attraverso percorsi narrativi. Quando sono incappato nella storia di Geli, il mio primo pensiero è stato: «Possibile che sia vera?» Ma subito dopo, mentre cercavo di approfondire la notizia per capire cosa se ne sapesse di certo, quel pensiero aveva lasciato il posto a un altro, più operativo: «Come potrei raccontarla in forma di romanzo?» La risposta si è presentata non appena ho avuto sotto gli occhi i verbali di polizia sul caso Raubal: un thriller storico. C’erano tutti gli elementi, e avrebbe portato la vicenda a un pubblico ampio, rendendole finalmente giustizia. E così sono partito a scrivere.
Le opere narrative servono a riempire i vuoti della Storia?
Temo che i vuoti della Storia non possano essere riempiti nemmeno dalla storiografia. Se manca il documento, la testimonianza, la traccia oggettiva di quanto è successo, la Storia cede il passo alla fantasia, perdendo la maiuscola, per così dire, e riducendosi a una storia. Il che non significa che le storie abbiano meno importanza. Anzi, spesso hanno più rilevanza – più forza, più energia – e possono arrivare, questo sì, dove la ricostruzione meglio documentata non potrà mai nemmeno mettere piede: nel cuore delle vicende umane, che è sempre vago, contraddittorio, misterioso. Quindi sì, un romanzo storico può mostrare gli avvenimenti da una prospettiva diversa, o meglio più intima, rispetto alla saggistica. Esempi celebri sono «Le benevole» di Littel, che ci fa entrare nella testa di un nazista convinto, ma anche «Le troiane» di Euripide, in cui un drammaturgo greco fece vivere al pubblico greco la sofferenza del nemico sconfitto. Poi c’è un altro aspetto in cui la narrativa può aiutare la storiografia, dimostrandosi non superiore ma complementare: di Geli Raubal si era un po’ persa la memoria. Io di certo non ne avevo mai sentito parlare fino al 2018. Grazie a un cenno fugace in un romanzo storico ne ho però appreso l’esistenza, e sono stato spinto a conoscerla meglio per poi raccontarla con maggior dettaglio a un pubblico che, magari, andrà a leggere le fonti storiografiche citate nella bibliografia in fondo al libro. Il potere della narrativa può essere utilizzato anche così, per rimettere in circolo un fatto dimenticato, e di questo i primi a rallegrarsi saranno sempre gli storici.