
La chiesa si ergeva su una piazzetta oscura, presso la cancellata del Palazzo di Giustizia. Sulla facciata adorna di mensole rovesciate e di urne, ma rattristata dalle offese del tempo e degli uomini, gli emblemi religiosi erano stati sfigurati a colpi di martello, e sopra la porta si poteva leggere il motto repubblicano inciso a lettere nere: "Libertà, Eguaglianza, Fraternità, o Morte".
Evariste Gameòlin entrò sotto le volte di quella chiesa, dove, invece dei chierici della congregazione di San Paolo soliti a vetsire il rocchetto per cantare gli uffizi divini, usavano allora adunarsi i patrioti in berretto rossoad eleggere i magistrati municipali e a deliberare gli affari della comunità. Al posto dei santi, tolti via dalle loro nicchie, erano stati messi i busti di Bruto, di Jean-Jacques Rousseau e di Le Peltier e sull'altare spogliato campeggiava la tavola dei Diritti dell'Uomo.
(traduzione Pio Schinetti)