
Tigli, platani, salici “sentono” l’inquinamento atmosferico ed emettono particolari segnali elettrici. Si tratta di captarli, decifrarli, elaborarli ed è fatta: avremmo un centralina tutta verde che ci metterà in guardia da ogni alterazione ambientale. E' un progetto che potrebbe letteralmente rivoluzionare la rilevazione dell’inquinamento atmosferico così come è avvenuta finora, risparmiando fra l’altro fior di quattrini. L'ideatore è Stefano Mancuso, che dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale di Firenze.
Il progetto si chiama Aria, ovvero Alberi per il rilevamento dell’inquinamento atmosferico, e vede il Dipsa (dipartimento di Scienza delle produzioni vegetali) della facoltà di Agraria di Firenze, capofila di un network di imprese locali che lavorano nell’ambito dell’elettronica e della sensoristica. E’ stato presentato alla Regione Toscana nell’ambito dei bandi del Fesr, per un finanziamento di 1,5 milioni di euro.
“E’ un progetto a cui stiamo già lavorando con la Comunità europea – spiega Stefano Mancuso -, ma se riuscissimo a realizzarlo a Firenze sarebbe il primo esempio nel mondo”. L’ipotesi, apparentemente semplice, è quella di utilizzare gli alberi per conoscere lo stato dell’ambiente in cui viviamo. Ciò che è molto meno intuitivo e meno facile da digerire è che le piante secondo la neurobiologia vegetale, la disciplina di Mancuso, captano le variazioni ambientali molto più degli animali e dell’uomo. La ragione è che hanno un apparato di senso superiore a entrambi. “C’è una spiegazione molto semplice per questo fenomeno: gli animali in presenza di condizioni ambientali sfavorevoli scappano via, le piante no”. Dunque l’evoluzione le ha congegnate in modo da poter capire con molto anticipo che qualcosa sta mutando e così adattarsi efficacemente alla nuova situazione.
L’idea di Mancuso è di sfruttare proprio questi loro sofisticati sistemi di interazione con l’ambiente. Ma prima bisogna decodificare per così dire, questo loro linguaggio. “Una pianta che avverte l’inquinamento emette segnali elettrici: si tratta di cercare di interpretarli”. E questa è un’affascinante pagina scientifica tutta da scrivere. Il sistema di rilevazione invece funzionerebbe in modo molto semplice. Elettrodi attaccati alle piante, una macchinetta per ogni albero dal costo irrisorio. Una volta a regime, poco più di dieci euro per ognuna, contro le centinaia di migliaia di euro delle attuali centraline di rilevazione dell’inquinamento.
I tigli, i platani, i salici, gli olmi di Firenze con i loro impulsi nervosi potrebbero funzionare tutti egregiamente, perché sono piante particolarmente sensibili. Fino ad ora Mancuso ha effettuato solo esperimenti di laboratorio, non ancora sul campo. Ma i risultati sono stati comunque sorprendenti.
Foto: viale dei Tigli a Berlino