
Firenze – Manca poco all’inizio della scuola; del resto, gli esami di riparazione e le riunioni di rito, propedeutiche all’avvio del nuovo anno scolastico, hanno già contrassegnato questi primi giorni.
Le aule del mio istituto sono ancora vuote e molto calde; nei corridoi immersi nel silenzio riconosco persino il suono dei miei passi; i giardini che circondano l’edificio appaiono deserti, insieme al campetto di pallavolo e alla pista di atletica, attraversati dalla luce tersa di settembre; la luce della fine e dell’inizio, che incoraggia e al tempo stesso intimorisce; dopo una estate faticosa; molto calda; densa di preoccupazioni per tante realtà economiche colpite dalla crisi e per gli effetti deleteri dei cambiamenti climatici, per cui stentiamo a considerarci ancora protetti dal clima temperato del Mediterraneo. Bruciano i boschi, muoiono a centinaia le bestiole che li abitano; proprio adesso che avremmo più bisogno di verde, di ossigeno, di pace; brucia, per altri versi, l’Afghanistan abbandonato a sé stesso.
Nel nostro piccolo, sono molte le incognite della scuola; gli interrogativi sulla tenuta dei vaccini; l’annoso problema delle aule poco spaziose, dei trasporti difficoltosi; il timore delle nuove chiusure. Brilla, però, una luce, netta, limpidissima, in uno scenario così denso di ombre; quella che il mondo dello sport (a cui ragazzi e ragazze guardano con connaturato interesse) in questi mesi ha saputo regalarci: non solo il successo della squadra italiana agli Europei di calcio; ma anche la forza di giovani tenaci che hanno vinto, conferendo luce alle loro vite personali, spesso non facili, alle Olimpiadi di Tokyo; la grazia risoluta delle velociste paralimpiche che insieme agli altri atleti hanno saputo insegnarci molto.
Soprattutto, a non arrenderci di fronte ai colpi della vita, per cercare una nuova via. Serve uno sguardo più ampio per cogliere i cambiamenti; c’è una gioventù (o, almeno, una parte della gioventù) che corre avanti con naturalezza nelle sue sfide e contro i pregiudizi, grazie anche alle mille associazioni sportive che si sono prodigate in questi anni difficili per garantire attività e spazi necessari ad allenarsi; e anche grazie alla scuola. D’altra parte, molti giovani rischiano di andarsene da questo Paese ingessato dalla burocrazia, litigioso, spesso lento a capire il nuovo che emerge; c’è una mentalità da cambiare; ora che le ragazze afghane sono in pericolo, a causa di una dittatura che bandisce la bellezza e tra l’altro impedisce loro di studiare, risulta “brutto” il commento di alcuni, in quel deposito di incandescenze e frustrazioni che è il mondo dei social, che tutto questo, in fondo, non ci tocca e non ci riguarda. L’opposto dell’insegnamento di Lorenzo Milani.
Accanto a me ho casualmente il giornale in cui si parla della Marcia di Barbiana. Che quest’anno ha suscitato qualche nota critica per una supposta spettacolarizzazione legata alla presenza dell’olimpionica Antonella Palmisano. Non entro nel merito; certo è che ai suoi alunni montanari don Milani insegnava, oltre alla bellezza primaria della scrittura e della parola, anche l’importanza della confidenza con l’espressività del corpo. Questo racconta la piscinetta voluta accanto alla canonica e questo risalta anche nelle ricostruzioni biografiche che parlano dello stupore dei ragazzi di Barbiana, condotti a vedere lo spettacolo del mare. Un piccolo laboratorio proiettato su uno scenario cosmopolita; da cui era bandito ogni provincialismo asfittico.
Ma torniamo a noi, ai nostri giorni, alla scuola che sta per riaprire i battenti “in presenza”, come si dice.
Qui in Italia, al di là di ogni retorica e di ogni polemica, negli ultimi giorni i giovani sono andati a vaccinarsi a migliaia (come ha fatto del resto più del 90% dei loro insegnanti e del personale scolastico). Notizia in apparenza sorprendente che fa intuire un patrimonio di maturità e di disponibilità da non sottovalutare. Hanno fretta, ragazzi e ragazze, di tornare a una vita normale. Dopo questi ultimi due anni molto faticosi, il cui bilancio, nonostante i gravi problemi e le difficoltà non è solamente negativo (parlo in particolare delle scuole superiori), come talora viene rappresentato. Il filo del collegamento con gli alunni e le loro famiglie non si è spezzato. Va detto per rendere giustizia a un impegno talora misconosciuto da cui comunque ripartire. Non sappiamo come andrà. E’ insolito questo ritorno a scuola. L’essenziale è che dall’interno delle aule si raccomandi di tenere ben aperte le finestre e non solo per tutelarsi dai rischi del contagio, ma per garantire uno sguardo sempre più attento alle contraddizioni e alla delicata complessità del mondo che sta “fuori”.
Rosalba de Filippis