
Firenze – Lavoro lavoro e lavoro: si coglie appieno la volontà di Enrico Rossi di mantenere in capo a se’ le deleghe dell’occupazione, oggi, nell’Auditorium di Sant’Apollonia dove “va in onda” l’annuale Rapporto Irpet sull’economia toscana. E’ tutto chiaro, appena il presidente dice le sue prime frasi: stamattina la sfida lanciata è infatti grossa, e si traduce da un lato nella creazione (entro il 2017 dice Rossi) dell’Agenzia Toscana del lavoro, dall’altro nella (con chiamata in cause dei sindacati) nella costruzione di un sistema compartecipativo dei lavoratori “interno” alla produzione.
Agenzia del lavoro, ovvero un nuovo soggetto che assorbirà tutte le esperienze dei Centri per l’Impiego provinciali, di tutto ciò che è stato fatto in questi anni in Toscana, ma che si avvarrà anche di un concetto innovativo di occupazione che riguarderà la formazione, la scuola, le imprese: insomma, una rivoluzione. E la “rivoluzione” verrà fatta comunque, dice Rossi, che domani si incontra a Roma col Ministro Poletti proprio sul tema: “Se poi il governo centrale riterrà di costituire anche lui un’agenzia italiana del lavoro, bene, in Toscana troverà la nostra”.
Agenzia del lavoro regionale dunque, col compito di sconfiggere quello che Rossi nomina con nome e cognome, l’incubo di tutti i lavoratori, vale a dire la ripresa “job less”. Per evitarla, sarà necessario combattere su due fronti, anzi, su tre: il primo quello che l’Irpet mette nero su bianco, vale a dire la necessità di trovare 500milioni per cinque anni per creare 50 mila posti di lavoro. Investimenti, certo, ma come: esterni, interni, pubblici, misti, privati? … Senza scartare le ipotesi di collaborazione con le multinazionali, dice Rossi (“in certi settori è necessario”). Strade tracciate non ce ne sono, esempi sì, dalla questione di Piombino (imprenditore berbero per un’area che dal medioevo ha stretto legami fortissimi proprio col nordafrica) ad altre crisi risolte, che controbilanciano quelle, tante, per cui purtroppo non si è potuto mettere la parola lieto fine. E qualche sentiero porta anche in Europa, se, intendiamoci, dice Rossi, “non rimane in mano ai “bavaresi” che ci portano alla rovina, deve mettere in campo (l’Europa) gli strumenti per la ripresa”. E dice anche “Se avessero dato retta a Renzi”, intendendo la messa in campo, appunto, di strumenti che permettono di crescere e non solo di “austerity”.
Il secondo punto è un altro guanto di sfida, lanciato stavolta ai sindacati e alle imprese. Ai lavoratori, anche. Infatti, ci sarà un grosso lascito, dice Rossi, dalla crisi da cui la Toscana per prima in Italia, sembra avviarsi verso la ripresa. Ed ecco di cosa si tratta: Rossi parte dalla constatazione che la crisi ha picchiato meno duro in Toscana (pur lasciando migliaia di morti e feriti soprattutto nel settore produttivo e nell’occupazione) perché qui ha incontrato una “resistenza” fatta di un tessuto economico che ha saputo collaborare anche all’interno di se stesso. Cosa significa?
Il tessuto imprenditoriale toscano ha mostrato di avere dentro il suo dna qualcosa che si chiama, dice Rossi, eticità-equità. Vale a dire, tradotto in termini più economici, il piccolo-medio imprenditore toscano ha mostrato di sapersi prendere carico della responsabilità sociale che compete al suo ruolo economico. O semplicemente ha dato mostra di una combattività venata di consapevolezza che lo ha portato, dice Rossi “a indebitarsi e investire”. Insomma non a tirare giù il bandone ma a rischiare anche quando il rischiabile sembrava già esaurito. “Questi – dice Rossi – sono fratelli e alleati della Regione Toscana. Fratelli e alleati”.
Dunque, il grosso degli imprenditori toscani, secondo Rossi, ha risposto a queste aspettative. “E la Regione starà vicina a questo sforzo”. Ma non è tutto qui. Perché nell’ambito dello sforzo, i lavoratori sono stati anche loro in prima fila. “I ritmi di lavoro in fabbrica sono aumentati” dice Rossi. E qui la chiave di lettura che offre il governatore parla un linguaggio inaspettato: “non è solo sfruttamento – spiega – è anche in questo caso uno sforzo di partecipazione alla creazione della ricchezza”. E dunque, secondo la lettura del governatore, la crisi con la sua estrremizzazione delle scelte e del rischio, ha finito per creare “un blocco” sociale ed economico. Un blocco che la Regione vuole “sostenere”.
Ma come? Ecco: “Penso a un modello di compartecipazione dentro l’azienda (dunque anche con i lavoratori, ndr) alla tedesca”. Un modello per cui Rossi chiede “alti livelli di trasparenza”, anzi, “un livello di trasparenza estrema”. “Siamo davanti a un terreno straordinario per questo tipo di esperimento” ribadisce il governatore. Ma non è finita qua, nella prospettiva di Rossi questo “modello” che potrebbe partire dalla Toscana e che parla tedesco potrebbe anche servire, indebolita la crisi, a “prevenire le tensioni fra capitale e lavoro”. Ed è per questo, tutto questo, dice esplicitamente Rossi “che ho tenuto le deleghe sul lavoro”. In altre parole, dal momento che per Rossi, le vecchie dinamiche conflittuali non reggono più, ora serve un altro modello, che si applica anche in campo pubblico, ad esempio, la Sanità, con tutto il suo peso sul bilancio regionale: per capire com ealleggerire il peso, “bisogna rivolgersi ai “poduttori di salute” per capire dove andare a incidere”. Insomma il discorso è il solito: tutti insieme ci si salva, altrimenti no. E i dati dell’Irpet confermano.
Terzo punto, la formazione. Una formazione che è richiesta dai dati , che fotografano le richieste dell’imprese: serve personale, ma personale qualificato, che arrivi in fabbrica con delle competenze, che conosca già le imprese. Questo significa una cosa sola: puntare, come ripete Rossi, a quell’aggancio fra formazione e mondo del lavoro di cui si è già discusso e su cui si è già polemizzato. “Fin’ora abbiamo pensato a formare il “cittadino” – dice Rossi – ma ora i tempi richiedono che si formi il “cittadino lavoratore”. Saremo vicini a quelle scuole, istituti professionali pubblici e anche privati che daranno un contributo a questo principio, che è quello di “agganciare° fortemente lavoro e studio, formazione e attività sul campo”. Del resto, aggiunge Rossi, questo è un qualcosa “presente nella Costituzione”. E che non è sconosciuto, come si è avuto modo di ascoltare durante la relazione della mattina, alla Toscana. Tant’è vero che la ricerca di lavoro funziona di più se supportata dai sistemi, fin’ora in capo alla Provincia di impiego. E qui, un ultimo dato: è più difficile trovare il “reimpiego” dopo la chiusura di un’esperienza di lavoro. Un punto su cui si apre anche una riflessione diversa sull’importanza della riqualificazione della forza -lavoro.