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Lavoro, nella PA il precariato esplode e si fa multiforme Breaking news, Cronaca

Firenze – “Contratto indeterminato?… Ma mi faccia il piacere!”. Ha sapore fantozziano, la risposta di Angela, educatrice, contratto a tempo … indeterminato. “Indeterminato?… con sospensione estiva di tre mesi, senza corrispettivo, e senza poter fare altri lavori, in quanto dipendenti pubblici. Senza poter neppure maturare la pensione, in quei mesi. Lo chiama contratto a tempo indeterminato? Io lo chiamerei contratto a intermittenza, come le lampadine: ora sì, ora no, ora sì, ora no…” . In effetti, la questione posta in questi termini qualche dubbio lo fa venire. Del resto, come qualificare questi lavoratori, “indeterminati” ma non ?… “Nominalmente sono indeterminati, di fatto legati alla durata dell’appalto, soggetti a variazioni da appalto ad appalto – dice Stefano Cecchi, Usb del Comune – senza ammortizzatori sociali, con tre mesi praticamente a reddito zero”. Ci sono anche i cuochi delle mense scolastiche, e in generale tutte le figure legate al mondo della scuola.

Ma se qualcuno reputasse il caso degli educatori e degli appalti legati alla scuola un caso “strano” che non fa testo, ecco che, indagando sui servizi, ci si accorge che l’esternalizzazione, ovvero gli appalti, “bruciano” almeno il 50% del lavoro “buono”. Sì, perché, come spesso scritto su queste pagine e come da anni gridano ai quattro venti i sindacati di base, Usb e Cobas, di fatto la consegna dei servizi finora pubblici all’esterno, tramite appalti, significa il subentro di lavoro precario a lavoro a tempo indeterminato.

Un buono specchio di questa situazione sono i numeri che ha messo in circolazione la Ragioneria di Stato.  I numeri, aggiornati al 2016 dall’Annuario statistico della Ragioneria generale dello Stato, dicono che rispetto al 2015 i lavoratori a tempo indeterminato calano dell’1%, mentre i contratti “flessibili” aumentano del 7,8%. I dati sono ovviamente a livello nazionale.  Ma, venendo ad esempio al Comune di Firenze, e tenendo a mente gli esempi riportati, il sospetto è che il precariato in realtà cresca (e sia presente) molto di più. Intanto, il calo dei dipendenti diretti del Comune di Firenze la dice lunga: negli ultimi 30 anni, si è passati da quasi  8mila a circa 4mila dipendenti. Del resto, il Comune di Firenze è la più grossa azienda della Toscana. Ma i servizi non sono calati, anzi, addirittura in qualche settore sono aumentati. L’arcano lo spiegano i Cobas comunali, che in realtà considerano nel novero dei “colleghi” anche i dipendenti delle cooperative. Sì, cooperative per il contratto, Comune di Firenze per l’esplicazione dei servizi. Il giochetto è questo, di contratto a tempo indeterminato verso le cooperative si parla, ma in realtà questi lavoratori sono sottoposti a due rischi: da un lato, la scadenza dell’appalto li pone sempre nel rischio di non essere riassunti, e dall’altro spesso, per ragioni varie quasi sempre risalenti al committente, se c’è l’assunzione inquadramento contrattuale e modalità sono diverse, Quasi sempre, dicono dai sindacati di base, peggiorative. 

Non solo. Il rischio, per questi lavoratori delle cooperative, è anche un altro. Ovvero, come spiega Giuseppe Cazzato dei Cobas comunali, è “quello comportato dal fatto che spesso questi lavoratori hanno doppia “natura”, sono lavoratori ma anche soci della cooperativa. Il che comporta che, mentre come lavoratori non possono rinunciare ai cosiddetti diritti “irrinunciabili”, ad esempio ferie, tredicesima ecc., come soci sì. Inoltre, essendo un fatto endogeno della società, i sindacati non possono intervenire. Così come è avvenuto nell’appalto per le biblioteche comunali. In altre parole, la qualifica di socio “prevale” in questi casi, su quella di lavoratore. E mette “fuori” i sindacati”. Con quale risultato per i diritti del lavoro, è facilmente comprensibile.

E la clausola sociale? “La famosa clausola sociale – dice ancora Cazzato – difende i lavoratori solo se l’appalto è a parità di condizioni. Nel senso che, se come è successo ad esempio nel caso dei servizi domiciliari, il Comune dimezza le ore di attività, anche di lavoratori ne serviranno all’incirca metà. Magari la cooperativa può mantenere le assunzioni, ma part time, oppure, nel peggiore dei casi, non essendoci più il lavoro lascerà a casa i lavoratori in eccesso. Perché non c’è lavoro”. Non solo. Per i lavoratori delle biblioteche, assunti con contratto del commercio, la clausola sociale non è semplicemente prevista dalla legge.

E i capitolati d’appalto? “Senza controlli, va da se’ che non bastano”.

Soluzioni? Da parte dell’amministrazione comunale la sensibilità al problema c’è. Tant’è vero che a giugno, in sede di commissioni congiunte fra cui quella del lavoro, evidenziando il principio che nel novero dei dipendenti del Comune ci sono anche quelli delle cooperative che al comune prestano servizio e prendendo spunto dal protocollo steso dalla Città Metropolitana, è stata avanzata e considerata positivamente (proposto dai Cobas sostenuto dalla Rsu) la proposta di mettere insieme un tavolo dove monitorare e mappare tutti gli appalti del Comune di Firenze individuando per ognuno di essi la tipologia di lavoro e il contratto collettivo nazionale di riferimento, secondo quanto stabilito dal Codice degli Appalti. Garantendo così almeno un’equa retribuzione.

 

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