
Firenze – Complessità e profondità sono le cifre stilistiche della Seconda Sinfonia in do minore di Gustav Mahler, opera che domenica sera ha chiuso il 78esimo Maggio Musicale Fiorentino. A dirigere l’Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, oltre alle due voci soliste Eleonora Buratto e Sonia Ganassi, il Maestro Daniele Gatti che ha da poco concluso le repliche di una originale e bellissima produzione del Pelleas e Melisande .
Al di là del carisma innegabile, il direttore milanese, con la sua frequentazione assidua nel cartellone di questo Maggio appena conclusosi, sembra aver instaurato con il complesso fiorentino una profonda empatia. Certo il suo gesto è chiaro, classico, mai ridondante ma la forza e l’intensità riversate dagli esecutori nell’interpretare questo augusto monumento musicale sono state eccezionali, dando vita ad una narrazione avvincente, altissima, caratterizzata in primo luogo da un suono limpido, tornito, magistralmente screziato nelle molteplici frasi affidate ai solisti e con una solida sezione degli archi compatta e marciante come un tutt’uno. Gatti impone una duttilità funzionale alle diverse tinte della partitura e neppure disdegna quell’appeal tutto particolare del gigantismo orchestrale fin de siecle, come se con i suoni si potesse dire tutto, ma proprio tutto, dell’animo umano.
Ci sono volta a volta le atmosfere tragiche, ironiche, leggere come un valzer di campagna, che seguono passo passo il trascolorare della vita umana nella sua multiforme complessità. Ma la vita e la morte sono solo il transeunte nel destino di un uomo, non quello dell’anima, così come nella Sinfonia è il carattere metafisico che prevale. Se ne ha sentore nel finale dello Scherzo con il prorompere di una dolorante drammaticità. Progressivamente gli ultimi due ampi movimenti della Sinfonia ( divisa in cinque parti e della durata complessiva di quasi un’ora e mezzo), muovono verso il tema la Resurrezione, titolazione con la quale è designato oggi l’intero brano.
È il Giudizio Universale tratteggiato a grandi tinte nel quinto movimento con frammenti del Dies Irae e l’emozionante fortissimo di tutti i timpani dal quale emerge il suono delle campane, che ha in sé la sacralità della devozione religiosa. Una perorazione che si completa con l’entrata in scena della voce umana, dapprima con le belle voci delle due soliste per poi sfociare nel misticismo del coro a cappella che celebra la Resurrezione come riscatto delle sofferenze umane. Calda , appassionata, la prova del Coro del Maggio Musicale che ha sfoderato una delle sue migliori interpretazioni.
Bravi tutti, calorosi e prolungati gli applausi da parte del pubblico.