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Maggio: la Risurrezione di un’opera ingiustamente dimenticata Spettacoli

Firenze – Si può andare ricolmi di pregiudizi e perplessità ad assistere a un’opera rappresentata a Firenze una sola volta 90 anni fa. Che idea è ritirare fuori Risurrezione di Franco Alfano? Dalla prima rappresentazione del 1904 e per un certo numero di anni l’opera incontrò un certo successo, con più di mille recite, ma poi sparì dai cartelloni dei grandi teatri, confinata per trent’anni nel dimenticatoio delle produzioni di modesto artigianato musicale.

Succede, invece, che l’operazione riesca e che non si riveli solo un interessante recupero culturale di un periodo significativo della storia della lirica italiana. Di più. Per i più anziani addetti ai lavori, l’allestimento andato in scena al Teatro del Maggio il 17 gennaio, una produzione realizzata nel 2017 per il Wexford Festival Opera, è stato una vera primizia. Per il pubblico degli appassionati, che conoscevano Alfano solo per aver completato la Turandot lasciata incompiuta dalla morte del maestro, il piacere di un’opera post verista dei primissimi del Novecento, anticipatrice del nuovo che di lì a poco sarebbe sbocciato.

Merito del direttore Francesco Lanzillotta e dell’orchestra del Maggio che hanno saputo valorizzare una partitura coerente e ricca di spunti compositivi originali. Merito della regista Rosetta Cucchi, dello scenografo Tiziano Santi e della costumista Claudia Pernigotti, che hanno lavorato al significato umano, sociale e politico dell’ultimo grande romanzo di Lev Tolstoj. E anche di Anne Sophie Dupreis, protagonista dell’opera nei panni di Katiusha, che ha convinto il pubblico della prima anche per le capacità interpretative.

Che Alfano sentisse fortemente il fascino della storia di caduta e redenzione, di una Risurrezione umanamente vissuta e non solo ridotta a formalismo e liturgia, lo dice il fatto che il musicista napoletano – raccontano le cronache – lesse “d’un fiato” il romanzo e compose l’opera su libretto firmato da Cesare Hanau in soli cinque mesi.

Certo nella sua musica riecheggiano temi e soluzioni compositive sviluppati da colleghi contemporanei, da Puccini  ai francesi Massnet e Debussy, ma l’originalità cresce con il susseguirsi degli eventi. Più che nella scena d’amore del principe Nekludoff, s’impenna nella scena della stazione dove Katiusha, incinta e cacciata dalla casa nella quale era stata accolta, quando le si rivela il suo triste destino di donna sedotta e abbandonata, per poi accompagnarla con momenti di autentiche passione e partecipazione prima nel carcere femminile e poi nell’accampamento di deportati politici in Siberia.

Travolta dall’ingiustizia di una società classista e crudele, si lascia andare alle bassezze della sua condizione, per ritrovare progressivamente la forza e la dignità di donna ferita e messa da parte. Non per merito di Dimitri, il cui senso di colpa non basta per riscattarlo dalle conseguenze del suo comportamento: “Quale Dio? Avresti fatto meglio a pensare quel giorno al tuo Dio”. Attento, dice Katiusha a Nekludoff , il tuo peccato non è di quelli che si perdonano con frasi fatte, come “sento davanti a Dio il dovere di sposarti”.

Prima di respingerlo definitivamente e preferirgli l’onesto deportato politico Simonson, assertore di una rivoluzione prima di tutto umana e solidale, gli offre le parole d’amore e perdono che voleva sentire. Ma è il dono di una donna che ormai gli è infinitamente superiore. La scena finale nella quale incontra se stessa bambina, l’età dell’ingenuità e dell’innocenza, è il simbolo di un riscatto al quale in quegli anni puntava l’intera società russa.

All’inizio del secolo scorso l’impero zarista era una polveriera sociale e l’attesa di una grande palingenesi attirava l’attenzione degli ambienti culturali europei. Alfano ne ha dato una interpretazione popolare, ed è anche questo un motivo che rende interessante l’allestimento presentato dal Maggio.

Repliche il 19 (ore 15.30), 21 e 23 gennaio.

Foto: Anne Sophie Duprels (Katiusha) e Soliste del Coro del Maggio in Risurrezione (Foto di Michele Monasta)

 

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