Ricetta semplice, almeno sulla carta, ma che il Governo, da un lato, non sembra per niente far propria, il popolo italiano, dall’altro, non sembra apprezzare particolarmente.
In effetti, i cinque punti della riforma strutturale dell’economia italiana su cui la Marcegaglia fonda il manifesto per ripartire, toccano proprio i punti sensibili sia della “conservazione” leggi “governo”, sia della “rivoluzione” leggi lavoratori.
Si comincia con la riduzione della spesa pubblica, e fin qui, tutti d’accordo.
Ma i problemi cominciano quando ci si chiede dove e come tagliare. L’indicazione della presidente della Confindustria “non bastano i tagli lineari ma bisogna guardare alle piccole cose, costo per costo” non sembra fatta per tranquillizzare né governo, né lavoratori pubblici.
Secondo punto, riforma delle pensioni. "Non è possibile – dice la presidente – che un Paese con i problemi che abbiamo noi, mandi le persone in pensione a 58 anni, con assegni molto alti, mentre domani i giovani ci andranno a 70 anni se non di più, con assegni pari alla metà di adesso. Non è possibile". Sul punto, qualche malumore si leva dalla piazza: “Se la signora sapesse come riducono 40 anni di fabbrica – sbotta un vecchio operaio – non parlerebbe così”.
Sempre nell'ambito del secondo punto, il rapporto tra fisco e impresa: "dobbiamo abbassare il cuneo contributivo fiscale, a partire proprio dai giovani", ha detto la Marcegaglia, che ha lanciato un appello per "iniziative serie e concrete". La riforma delle pensioni, quindi, "non deve penalizzare i giovani".
“E neanche i vecchi..” commenta l’irriducibile Cipputi.
Per ridurre la spesa pubblica, ha continuato il presidente di Confindustria, "cominciamo a vendere patrimonio pubblico, questo può essere utilizzato per abbassare il debito e levare l'ingerenza del pubblico nell'economia". Vendere o svendere? E poi, chi compra?
E' urgente poi "un piano di privatizzazioni e di liberalizzazioni serio". "Nell'ultima manovra – ha accusato la Marcegaglia – sono stati citati alcuni capitoli sulle liberalizzazioni, ma se andiamo a vedere cosa c'è, non c'è niente". Inaccettabile, per il presidente che esistano ancora "le tariffe minime: non è giusto che ci sia un pezzo del paese che lavora nel libero mercato e un altro pezzo che è protetta e ha le tariffe minime e scarica sugli altri i proprio costi". Quanto alla "liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tutto questo aiuterebbe a far crescere l'economica del Paese".
Le infrastrutture, quinto e ultimo punto. Il presidente di Confindustria ha chiesto di "levare i vincoli burocratici e di testa che impediscono investimenti magari già finanziati da pubblico e privato".