
Si sa che le parole, le espressioni, i modi di dire nascono e muoiono come qualunque altro essere vivente. Si nutrono infatti di situazioni sociali e culturali che possono esaurirsi a seguito dei normali mutamenti che nel nostro mondo sono diventati ormai molto rapidi. Il termine “ciana” era usato proprio in un contesto di vita di strada, di panni stesi alle finestre, di bambini a giocare in cortile o in strada, insomma di una vita di relazione tipica di quartieri popolari: i panni non si stendono fuori quasi più, i bambini stanno in casa davanti alla televisione o a internet e la vita di relazione si è ristretta ed è diventata più formale.
La ciana era la donna pettegola e sboccata, volgare e portata a esternare a voce alta osservazioni poco simpatiche, ad azzuffarsi con le vicine; in più, talvolta c’era anche il sottinteso dei facili costumi. Il termine più raramente era usato anche per le cose dette, le ciane o cianerie erano le volgarità; così come cianare era il verbo, l’attività di dire cose volgari. Non so quale ne sia l’estensione territoriale: ho sempre pensato che fosse una parola tipicamente toscana, ma probabilmente l’uso era molto più ampio. Il termine però si trova nei dizionari etimologici della lingua italiana, con una etimologia molto dubbia non di area toscana: l’origine viene attribuita al personaggio di una commedia di autore incerto, Madama Ciana, stampata a Milano nel 1737 (e poi a Bologna) che si chiama Luciana abbreviata in Ciana.
Luciana è una dama molto pretenziosa, figlia di un arricchito, che vuole diventare nobile per matrimonio; più che una ciana una snob nel senso originale del termine (sine nobilitate). In realtà il termine è attestato, non a stampa ma in una fonte manoscritta, molto prima, nel 1601, in una lettera di un letterato senese a uno lucchese, il che dimostra che è molto più antica se in due aree così relativamente distanti il suo significato era facilmente comprensibile sia allo scrivente che al destinatario; così Madama Ciana esce di scena, o meglio dimostra di essere il derivato non l’origine. Mi sembra che l’etimologia più calzante sia allora quella di una tipica parola onomatopeica, parente stretta di ciarla e del veneto ciacola e che l’origine si possa considerare almeno cinquecentesca e molto toscana. Questo per fare chiarezza prima che “ciana” muoia definitivamente.