
Firenze – La netta vittoria di Elly Schlein alle primarie open di domenica 26 febbraio rappresenta una svolta radicale non solo perché per la prima volta nella storia una donna guiderà il più importante partito della sinistra e neppure perché non era mai accaduto che la massa dei simpatizzanti rovesciasse la scelta degli iscritti al Pd.
La politica torna finalmente a imporsi sugli affari correnti. In corsa c’erano gli esponenti di una classe dirigente che negli ultimi anni è passata da una sconfitta all’altra, subendo l’iniziativa degli altri piuttosto che tentare di imporre la propria. In Toscana, una città dopo l’altra è stata conquistata dalla destra, senza che vi fosse alcuna reazione significativa per riconquistare il consenso perduto.
Ottimi amministratori, persone oneste e impegnate per il bene pubblico, ma identificati con una gestione del potere legata a rapporti di forza e a un confronto di idee e programmi superati dall’evolversi degli eventi e della percezione degli elettori, in gran parte delusi e astensionisti. Anche per questo motivo l’Italia ora è guidata da un’alleanza che vede egemone un partito di estrema destra che rivendica le sue origini e orgogliosamente persegue politiche ispirate alle tradizioni e ai valori più o meno aggiornati di quella parte.
Politiche appunto da accettare o respingere. E’ finita l’epoca dei governi tecnici e di compromesso all’insegna del pragmatismo. Per avere una chance di riconquistare la guida del Paese, la risposta della sinistra dovrà essere perciò uguale e contraria: politiche nette e precise ispirate dalla solidarietà, lo spirito di uguaglianza, la difesa dei diritti, l’attenzione al lavoro e ai ceti meno abbienti, la scuola e la sanità pubbliche.
A prescindere dalla contingenza del congresso e della elezione del nuovo segretario, finora l’opposizione democratica si era espressa con forza solo grazie all’aiuto dell’arroganza e della violenza comunicativa di esponenti governativi o parlamentari della destra che hanno suscitato rifiuto e indignazione in tanti settori della società italiana.
Era dunque necessario che ci fosse un cambio di marcia e un nuovo spirito che riportassero orgoglio e determinazione, senso di appartenenza, chiarezza e distinzione di idee per rilanciare una sinistra che è stata troppo in stand by. Elly Schlein è riuscita a rappresentare la voglia di nuova politica coraggiosa e inclusiva. Lo ha riconosciuto il suo antagonista, Stefano Bonaccini: è stata più convincente di me a rappresentare il rinnovamento. Questo hanno confermato coloro che sono andati ai gazebo a votare per lei e magari avevano disertato le urne delle elezioni del 25 settembre.
Dopo la battaglia, ora è il momento della ricostruzione. Bonaccini e i suoi alleati hanno sempre detto che, in caso di sconfitta, si sarebbero messi a disposizione della vincitrice, così come aveva detto avrebbe fatto Elly Schlein. Del resto i due hanno già felicemente collaborato nel governo regionale dell’Emilia Romagna. Sarebbe l’ennesima iattura se si approfondisse fin da subito una spaccatura foriera di future scissioni che sarebbe l’ennesimo regalo a Giorgia Meloni.
Anche il capo del governo ha messo il suo indirettissimo zampino a questo risultato. Certo qualcosa ha contato l’idea che sarebbe stato un bel segnale che alla prima donna a Palazzo Chigi si contrapponesse la prima donna al vertice del Pd. Molti di quelli che hanno votato ai gazebo hanno soprattutto visto in Elly Schlein una determinazione e una forza in grado di confrontarsi con la leader di Fratelli d’Italia senza prudenze, distinguo e gioco delle parti, retaggi di un passato ormai remoto.