
Firenze – Cosa portò a quello che è stato definito il suicidio dell’Europa? E’ uno dei quesiti più drammatici della storia contemporanea: come poté l’Europa della belle-époque– che stava vivendo la sua stagione più radiosa di progresso economico, sociale e culturale- precipitare nell’abisso della Grande guerra che, dopo immani carneficine, produsse i totalitarismi e un nuovo, terribile conflitto?
Istruzioni per non morire in pace di Paolo Di Paolo, una trilogia in scena alla Pergola di Firenze fino al 13 p.v. dà una sua spiegazione che è particolarmente penetrante perché rappresenta questo delirio irrazionalistico nei suoi aspetti surreali. Più che una versione grottesca, questa pièce esprime la capacità di svelare gli aspetti tragicamente grotteschi del primo conflitto mondiale.
Due paradossi sono all’origine della prima guerra mondiale. Il primo è che il conflitto non derivò da sete di conquista ma da timori per la propria sicurezza, da un’esigenza difensiva e ciò rese più intransigenti le posizioni degli Stati. Il secondo è quello che James Joll, ha definito lo “spirito del 1914” ovvero l’idea che si potesse accettare anche una guerra mondiale come soluzione per dirimere le controversie internazionali
Nell’intervista di Giacomo Pedini, il drammaturgo Paolo di Paolo ha spiegato, infatti che l’ironia del titolo non è solo “non morire in pace per dire “morire in guerra” ma evoca fantasmi e inquietudini che portano a non vivere bene il proprio tempo, in quanto schiacciati dalle proprie responsabilità.
In effetti, lo spettacolo fa capire, in modo emozionante che lo scoppio del conflitto non fu che l’ultimo atto di una lunga serie di tensioni, equivoci, crisi diplomatiche, avventurismi che erano come un ribollire sottotraccia, un’ombra minacciosa dietro le luci, l’euforia e l’ottimismo della belle époque.
Istruzioni per non morire in pace, prodotto da ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione – Fondazione Teatro della Toscana, si compone di tre capitoli autonomi ma che, con un’ottica peculiare, guardano tutti della belle époque e la suo precipitare nel delirio di una guerra senza precedenti. Presenta “un mondo di ‘sonnambuli’, -osserva il regista Claudio Longhi – che tutti intenti a sognare le «magnifiche sorti e progressive» del genere umano e intanto impegnati nella messa a punto di uno dei più spaventosi ordigni di distruzione che l’umanità abbia mai concepito”.
Lo spettacolo coglie il complesso intersecarsi di politica, affari, filosofia, arte, in un mondo in cui la sorte della gente comune e di personaggi famosi come Zweig, Musil, Freud, Kraus,Trotskij, e vari altri s’intreccia a quella degli Stati. Un capitalismo che affianca l’imperialismo, le utopie socialiste, le follie nazionaliste, le cupidigie colonialiste, le manovre diplomatiche come quelle che portarono all’entrata in guerra dell’Italia, ricostruita nelle sue fasi salienti che, ad esempio, portano in scena l’interventismo di D’Annunzi e di Mussolini e il pacifismo delle masse popolari.
Le vicende, compresa quella di una saga familiare ma anche quelle di statisti e monarchi sono narrate con un’amara comicità che ricorda per certi versi il genere teatrale di Beckett visto come teatro dell’assurdo e quel grottesco storico di Brecht che elimina la quarta parete e coinvolge attivamente lo spettatore
Un racconto che è anche un’esortazione: conoscere, anche emotivamente e riflettere perché gli orrori della guerra non si ripetano. “Crocicchio di destini che si incrociano o si perdono in un soffio l’esagitato caravanserraglio della società europea di primo Novecento” ha rilevato Claudio Longhi sottolineando che come non c’è salvezza, non ci può essere tragedia per questa umanità che ha perduto la ragione. C’è spazio solo per la risata acida della rivista e del varietà. Ma nelle pieghe di quei volti lontani sembra di ritrovare il nostro presente, un presente su cui possiamo però intervenire.
Brillanti la regia e l’interpretazione degli attori Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Olimpia Greco (fisarmonica e pianoforte), Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio Papalia, Simone Tangolo. Coinvolgente la scenografia (con suggestive proiezioni ) le musiche e le acconciature.