
Assenti per ora i dati dell’Osservatorio fiorentino. Il quadro regionale del disagio: sono poco meno di 90mila le famiglie in condizione di povertà relativa in Toscana, circa la metà della media nazionale, ma in progressivo incremento dal 2007, dove la percentuale era del 4%; ora sfiora il 5,5%. Un flash sull’occupazione regionale ci porta dritti dritti a un altro dato: il tasso di disoccupazione fra i 15 e i 24 anni relega la Toscana al decimo posto nella graduatoria nazionale, con un impatto della crisi a livello generazionale devastante: nel primo semestre 2010 la caduta occupazionale in questa fascia d’età è stata del 10,9%.
Con un fenomeno a strascico inquietante: aumentano anche in Toscana i cosidetti Neet ( Not in Rducation, employment or training): vale a dire, le persone così scoraggiate che risultano fuori da ogni circuito sociale: non lavorano, non studiano, non si formano. Sono per la maggior parte nella fascia d’età fra i 15 e i 29 anni e in Toscana sono passati nel 2009 dal 12 al 16%.
La mappa delle strutture e dei servizi. Sono state prese in considerazione tutte le strutture e servizi che, occupandosi di interventi e prestazioni riguardanti la povertà ed il disagio grave, possiedono almeno una delle seguenti caratteristiche: sono a titolarità e/o gestione pubblica;
ricevono finanziamenti pubblici, in forma diretta o indiretta; intrattengono con i servizi pubblici rapporti di collaborazione/integrazione: partecipazione alle reti locali – formali o informali – di presa in carico (attraverso invii, segnalazioni ecc.).
Considerata l’assenza della Provincia di Firenze, sono state rilevate 209 strutture di accoglienza e servizi: 29 a Pisa, 26 a Livorno, 25 Pistoia, 24 a Lucca, 15 a Prato, 13 a Grosseto, 11 ad Arezzo, 8 a Siena e 6 a Massa Carrara. Più della metà delle organizzazioni (89) ha la propria sede in comuni con più di 50mila residenti; una su tre (56) si trova in comuni medio-piccoli (tra 10mila e 50 mila residenti).
A Livorno e Pisa prevalgono le attività a titolarità pubblica, mentre a Pistoia, Prato e Grosseto le attività di enti religiosi.
Interessante la rilevazione che per lo più i servizi, in particolare mensa, vestiario, docce ecc. sono erogate dal privato sociale, solo raramente in convenzione, circa il 10% dei casi in esame.
Anche per le strutture prevale il privato sociale, ma in questo caso è generalizzata la convenzione con l’ente pubblico.
L’associazionismo e il vlontariato svolgono un ruolo fondamentale: anche qualora si tratti di organizzazioni con prevalenza di personale retribuito (43) non è mai assente il personale volontario.
Per quanto riguarda l’accesso a strutture e servizi, quasi sempre è mediato da filtri: per le strutture, la prevalenza riguarda il servizio sociale, 57 casi su 81; segue il ruolo del terzo settore e dell’accesso diretto, rispettivamente 28 e 22 casi. Una quota significativa, 9 casi, viene mediata da Prefettura, Questura, e altri enti.
L’accesso diretto fa la parte del leone per i servizi, 47 casi su 65, seguita dall’assistenza sociale ma anche dalle strutture del volomtariato.
Interessante la composizione del’utenza: accanto a homeless, adulti fuoriusciti dal mercato del lavoro, famiglie monoparentali, si trovano in ascesa immigrati-rifugiati, “lavoratori poveri” e famiglie numerose monoreddito.
Per quanto riguarda la nazionalità le strutture solitamente presentano un melting pot di varie provenienze: solo l’11% prevede solo italiani o solo stranieri.
Un dato rilevante, indicativo della crisi, è che spesso si ritrovano famiglie di “secondo aiuto”: vale a dire, figli di famiglie aiutate negli anni 90, in seguito integrate con lavoro e reddito, ora di nuovo in stato di disagio o per perdita del lavoro o per non averne (nelle giovani generazioni) trovato affatto, o per la combinazione delle due fattispecie.
Prospettive future. I tagli generalizzati delle varie manovre susseguitesi negli anni sono ben esemplificate dai dati Istat: i fondi statali per il sociale nel quinquennio 2008-2013 avranno questo andamento: fondo per le politiche della famiglia, si passa da 346, 5 milioni di euro del 2008 al 31,4 del 2013; fondo politiche giovanili, 137,4 milioni nel 2008, 10,6 nel 2013; azzerati il fondo servizi infanzia, il fondo inclusione immigrati, il fondo non autosufficienza; il fondo contributo all’affitto passa da 205,6 miloni di euro a 14,3 nel 2013.
Di fronte a questo, l’allarme lanciato da Lamberto Gestri, presidente della Provincia di Prato, è senza mezzi termini: “I tagli che si abbattono sui poveri rendendoli più poveri e che risparmiano i più ricchi minano la coesione sociale del paese e la sua stessa tenuta democratica”.
Anche l’assessore alle politiche sociali del Comune di Prato Dante Mondelli, sottolineando la peculiarità di Prato, ha convenuto nel considerare l’estrema gravità della situazione aggiungendo il rischio di una guerra “poveri contro poveri”. Infine, l’assessore provinciale di Firenze Antonella Coniglio ha ricordato la necessità della sinergia per affrontare il delicato momento: “cominciando – ha concluso – col dotare di una formazione omogenea i vari soggetti che operano in questo campo, qualunque sia la provenienza delle energie”.
Un importante strumento scaturito dallo studio è la georeferenziazione delle strutture. La mappa è consultabile all’indirizzohttp://mappe.rete.toscana.it/webstat/index.html?area=poverta, da dove si possono ottenere tutte le informazioni (recapiti, orari di apertura, servizi offerti, tipologia delle prestazioni) di servizi e strutture attivi in Toscana.
Sul sito www.regione.toscana.it/sociale/poverta/index.html è possibile scaricare il volume della ricerca in formato pdf.
Foto www.sole24ore.com