
Primarie "parlamentarie" del centrosinistra, se l'entusiasmo monta, nel partito e nella base, tuttavia rimane, e rimarrà verosimilmente fino a lunedì, il nodo da sciogliere più importante, determinante, qualificante della scelta fatta dal Pd di ricorrere alla scelta popolare delle candidature. Quale? La questione deroghe, incompatibilità e listini. Per chi, a chi, perchè e come, chi saranno i "salvati" i "graziati" i "ripescati" grazie a questa possibilità di richiedere e farsi dare la "deroga"? E chi entrerà nei listini? E chi resterà al palo da sindaco, presidente di regione, provincia, o (forse) consigliere regionale?
Dunque, la deroga, ma anche l'incandidabilità e/o incompatibilità per sindaci, presidenti provincia e regione circa la candidatura per le parlamentarie. Se la regola fosse applicata in modo draconiano, sarebbe uno sbarramento automatico per tante figure che potrebbero ritenersi "papabili". Ma anche il listino rischierebbe di essere una bel salvagente per personalità che in qualche modo non avrebbero la "chance" di misurarsi sul campo, di mettersi in lizza per il favore popolare. Che comunque, ad ogni modo, è senza dubbio una forte legittimazione.
Intanto, la Toscana si prepara. E sembra che la decisione di presentare come candidato ufficiale della regione il segretario regionale del Pd Andrea Manciulli sia ormai cosa fatta. Una decisione presa all'unanimità dal coordinamento regionale dei segretari provinciali del partito di ieri. Su cui ha senz'altro pesato il forte endorsement di giovedì da parte del presidente Enrico Rossi: 'Per le candidature – ha spiegato il governatore – c'e' una quota nazionale che oscilla tra il 20 e il 30%, su cui decidera' la direzione nazionale del Pd. Io penso che dentro questa quota, a rappresentare il Pd toscano, debba esserci il segretario regionale Andrea Manciulli''. Rossi ritiene che 'Questo è un modo per dare alla Toscana la sua necessaria visibilità e presenza nel gruppo dirigente del Pd''.
Una presa di posizione interessante, che però potrebbe dare l'impressione di andare in senso contrario rispetto allo "spirito" su cui la base e una buona parte del partito avrebbero contato accogliendo con entusiasmo queste nuove primarie. Vale a dire? Lo spiega molto bene il sindaco di Scandicci, il Pd Simone Gheri: "Nè listino nè deroghe: se sono primarie vere devono correre tutti, altro che eccezioni per segretari ed altri…". E se proprio del listino non si può fare a meno, continua il sindaco di Scandicci "entrino solo premi Nobel, come Margherita Hack, per esempio". Del resto, fa presente Gheri, "Se siamo un partito democratico che ha scelto intelligentemente e coerentemente un metodo democratico di selezione della classe dirigente, dobbiamo avere il coraggio di rinunciare al listino per i politici, che devono misurarsi come tutti. Il segretario regionale perchè deve fare eccezione? Le primarie sono un momento bello, intenso, di vera democrazia, perchè devono essere sciupate? Perchè non possono essere il più aperte possibile, senza deroghe, con tutti i politici che si misurano sullo stesso terreno?".
Tuttavia, a sentire le voci che girano negli ambienti istituzionali del Pd provinciale fiorentino non sembra che le posizioni siano così lontane. Infatti, se è vero che di fatto la candidatura di Andrea Manciulli passata all'unanimità dei segretari provinciali sarà sottratta al voto popolare (Manciuli sarà capolista della Toscana) il trend per tutti gli altri politici da quelli vecchissimi a quelli vecchi a quelli appena nati (ci si riferisce alle anzianità di mandati parlamentari) è quello di sottoporli a "verifica" popolare. Del resto, fanno notare dal Pd, il segretario regionale è già stato giudicato dagli elettori. In quali casi? Nelle primarie regionali già tenute e vinte proprio da Manciulli.
Ma cosa significa "tutto il resto"? Intenzionati a misurarsi sul favore degli elettori sono Vannino Chiti e Tea Albini, ad esempio, con Chiti che è pronto a misurarsi "sulla piazza" nonostante gli svariati mandati alle spalle, mentre l'Albini, nome ben conosciuto dal popolo toscano del Pd e fiorentino in particolare, si trova solo a metà mandato. Insomma, la linea è, a parte Manciulli che rimane un po' un caso unico, quella di mandare tutti i politici a misurarsi sullo stesso terreno. Che è quello dell'investitura popolare. Sentimento fortemente compreso e condiviso dalla base "vera" quella, per intendersi, che è stata ai banchini alle primarie scorse e che tornerà in massa, in pieno periodo di vacanze, a far marciare una macchina organizzativa che stupisce per la celerità e la freschezza con cui riparte. Segno tangibile che la base del Pd ci crede, alle primarie, e non vuole lasciarsi scappare l'occasione di procedere al rinnovo di un'intera classe dirigente (e su questo l'onda di Renzi è ben riconoscibile) procedendo dal basso. Insomma, le premesse sembrerebbero esserci.
Altra questione, in Toscana particolarmente sentita, quella di Rosy Bindi. Che farà Bersani? La metterà a disposizione del voto popolare o la "salverà" nel famoso listino in cui, per ammissione degli stessi bersaniani regionali, "dovrebbero entrare solo i padri nobili, dalla Hack ai Zagrebelskij?" (perfetta sintonia con il "renziano" Gheri, sembrerebbe). Sembra di capire che giocherà molto, sulla scelta, il ruolo istituzionale della stessa Bindi. Il presidente del partito si metterà in lizza? O verrà messo in sicurezza con una deroga legata alla sua particolare carica? Qui il dissidio rischia di scoppiare fra le anime interne del Pd, renziani e bersaninani: più concilianti (comè ovvio) i secondi, a un ulteriore "strappo" delle regole, più irriducibli i primi.
Intanto, lunedì la decisione della direzione nazionale del partito sull'incandidabilità o meno di coloro che hanno già cariche istituzionali (dai sindaci, a presidenti di Regione, di Provincia, ai, ma è ancora tutta da discutere, consiglieri regionali) darà il via libera e ufficiale a varie pre-candidature, come quella di Matteo Richetti, il presidente del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, uno dei più attivi dello staff renziano nelle passate primarie, che potrebbe divenire il punto di riferimento per l'area Renzi alla Camera. Certo, se lunedì il direttivo nazionale non deciderà diversamente.