
Firenze – Presentati oggi i dati della situazione della salute della popolazione toscana, e fra i vari aspetti emerge che, sebbene nella nostra regione sia più facile e più equo l’accesso alle cure rispetto ad altri territori, tuttavia si continua ad assistere al nesso fatale fra disagio, arretratezza e povertà con la morte.
Intanto, alcuni dati sembrerebbero confermare un quadro della salute regionale piuttosto positivo: ad esempio, i toscani sono ai primi posti in Italia per aspettativa di vita, il che comporta anche l’aumento degli anziani. l’altra faccia della medaglia è la natalità che continua a calare, con l’effetto ovvio di un invecchiamento della popolazione. Stranieri raddoppiati negli ultimi dieci anni, la battaglia contro il fumo sembra dare buoni risultati con fumatori in calo, ma in compenso si beve di più che nel resto d’Italia e il consumo di sostanze è in , seppur lieve , aumento. Si fa strada anche un fenomeno comune in molte aree del Paese, vale a dire il calo di vaccinazioni, mentre per le malattie croniche la Toscana si pone nella media italiana. Gli esiti dell’assistenza sono positivi, ma diminuiscono, anche a seguito di politiche precise, i ricoveri in ospedale (il tasso di ospedalizzazione è passato da 149 ricoveri ogni 1.000 abitanti nel 2012 a 123 ogni 1.000 nel primo semestre 2015; in Italia 131). La fotografia è scattata dall’Ars, l’Agenzia regionale di sanità, che ha prodotto la Relazione sanitaria regionale 2015, presentata stamani nel corso di una conferenza stampa dall’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi assieme al direttore dell’Ars Francesco Cipriani.
In tutto questo, gli esiti dell’impennata di mortalità registrata nel 2015 sono ancora alla ricerca di motivi “comprovati”, anche se alcune cause possono essere facilmente indovinate: “I dati della Relazione dell’Ars ci restituiscono l’ìmmagine di una popolazione sostanzialmente in salute – commenta l’assessore Saccardi – certamente merito dell’ambiente, del clima, del buon cibo, ma anche del grande lavoro di prevenzione che facciamo su tanti fronti (screening, educazione ai corretti stili di vita, ecc.), e anche dell’elevato livello di qualità dei nostri servizi sanitari. La Toscana è tra le regioni più longeve, anche se nel 2015 c’è stato un aumento di decessi rispetto al 2014, e si ipotizza che una delle cause sia il calo di vaccinazioni anti-influenzali. Così come sono calate le vaccinazioni nei bambini. Colgo dunque anche questa occasione per rinnovare il mio appello a vaccinarsi: il vaccino è l’unico strumento efficace per proteggersi dalle malattie”.
Intanto, ecco i dati, tratti dalla Sintesi del 2015. Senza dimenticare che si sta parlando di una Regione che, fra quelle italiane, ha uno degli indici di mortalità più bassa ( 768 decessi ogni 100mila abitanti, 802 in Italia), l’aumento di decessi nel 2015 ha segnato un inquietante +9,3% rispetto al 2014, con incrementi evidenti nei mesi invernali ed estivi (in Italia l’aumento è stato dell’8,2%). Circa 45mila decessi in più, in numeri assoluti. Le prime ipotesi causali riguardano la fascia di popolazione più anziana e fragile, molto sensibile alla ricaduta della contrazione delle vaccinazioni antiinfluenzali, all’ondata di calore estivo, oltre al naturale processo di invecchiamento. Da sottolineare che il biennio 2013-2014 (con cui si è fatto il confronto) era stato contraddistinto da livelli di mortalità eccezionalmente bassi. Resta comunque ancora da capire (dice la stessa Ars nella relazione) in attesa di dati corredati con il dettaglio della causa di morte, “se si tratti prevalentemente di un effetto “compensatorio” degli anni precedenti o meno”.
Un’ulteriore elemento, preso in considerazione dalla stessa relazione di sintesi, riguarda invece il fattore economico-sociale. Anche qui, è bene sottolineare che “il sistema socio sanitario toscano, come tutti i sistemi sanitari universalistici, rappresenta la maggiore garanzia di equità sul versante del finanziamento e dell’accesso ai servizi”, tuttavia “nella fase matura del suo sviluppo sta registrando un allargamento del gap di salute tra differenti gruppi socio-economici”. Cosa significa?
Intanto, questo: gruppi con un livello più alto di istruzione e ricchezza “sfruttano” meglio degli altri le opportunità offerte dal sistema. La “bassa posizione sociale”, invece, ricorda la relazione, comporta “meno possibilità di informazione, meno relazioni utili per farsi aiutare, meno risorse per seguire un percorso assistenziale appropriato”. Un impatto che si conta nel numero dei morti, come qualsiasi battaglia: il basso livello di istruzione in Toscana si stima produca in un anno tra i 70 e i 110 decessi per 100mila persone. Se tutti i toscani avessero i tassi di mortalità dei più istruiti (che comporta, fra le altre cose, più possibilità di informazione, più relazioni utili per farsi aiutare, più risorse per seguire un percorso assistenziale appropriato) si eviterebbero annualmente dai 2.500 ai 4mila decessi. Da considerare inoltre che per le fasce “più basse” della popolazione, meno istruite (meno informate, con meno risorse e meno relazioni utili cui ricorrere) si verifica anche un minore accesso in Day Hospital (fonte: MeS), mentre più facilmente accedono al ricovero attraverso il pronto soccorso, vale a dire in urgenza rispetto alla modalità programmata.
Un altro elemento interessante che riguarda le diseguaglianze è la mappatura geografica. Nuove classificazioni hanno individuato le cosiddette “aree fragili”, vale a dire quelle zone interne che “hanno subito processi di spopolamento, con molti anziani, patrimonio immobiliare di basso valore o inutilizzato, limitate presenze turistiche, basso reddito e scarse attività produttive”. In Toscana si collocano lungo l’arco appenninico e nella parte centro-meridionale, il che significa Val di Cecina interna, Colline metallifere, campagna grossetana.
Lo svantaggio che presentano queste aree riguardano “l’equità di accesso ai servizi” da un lato, ma anche peculiarità precise riguardo al quadro generale della salute. Ad esempio, la maggiore mortalità maschile, +6% rispetto alla media regionale, è dovuta in gran parte a cause evitabili, risolvibili con azioni di prevenzione primaria: basti pensare che, secondo l’Ars regionale, nel lungo periodo il 60% di queste morti potrebbe essere evitato. Del resto, “in queste zone si rilevano difficoltà di accesso ai servizi, a seguito di un processo di accentramento, legato alla ricerca di economie di scala, che ha privato alcuni territori di centri di riferimento”. La questione è facilmente “leggibile” se si pensa che gli accessi alle prestazioni ambulatoriali da parte degli anziani residenti in aree fragili sono minori rispetto alla media regionale, in particolare per la diagnostica strumentale. Ed è la stessa Ars Toscana a dettare i principi della “ricetta” per migliorare il quadro: “monitorare le disuguaglianze, potenziare azioni di contrasto, promuovere la lotta alle diseguaglianze”.