
Tra i tanti suggerimenti e le proposte schock per migliorare la città ce ne sono alcuni, comunque ben argomentati ma dettati da "La necessaria follia" che ci lasciano perplessi: il trasferimento del David al Louvre, la trasformazione di Palazzo Strozzi in un Museo della Apple, la collocazione del diamantato teschio di Hirst sul tabernacolo del Duomo di Firenze, la trasfomazione della città in una grande casa di riposo per intellettuali anziani senza figli. Non è solo questa la chiave di lettura per l'audace pamphlet di Luca Doninelli appena arrivato in libreria per i tipi di Bompiani dal titolo alquanto provocatorio "Salviamo Firenze". Un libro che si alza come un grido di dolore da parte di uno scrittore ed etnografo della narrativa, milanese d'adozione ma con profonde radici fiorentine, da parte di madre, pronipote di Ottone Rosai, animatore delle avanguardie del '900 insieme a Papini, Prezzolini e Soffici.
Firenze "madre" e non "culla" del Rinascimento "...ha pensato che suo fosse il merito di tutto quel miracolo, e da quando il miracolo è finito – diciamo dal 1530 – porta il lutto, vedova inconsolabile" scrive Doninelli. Una città che non è più capace di reinventarsi, di costruire il proprio apparato simbolico, sospesa tra un glorioso passato e un futuro alquanto incerto. "Firenze ha bisogno, insomma, di un'iniezione di follia, e la follia ha bisogno di coraggio". Ecco perchè, tra le altre cose, suggerisce l'autore, è importante il ruolo dei privati nella rinascita della città, gli interventi di cui Firenze necessita per salvare il suo patrimonio unico al mondo non possono essere sostenuti solo con le risorse pubbliche, mentre d'altro canto la città deve saper riformulare un progetto complessivo su di sé e del suo rapporto con eventuali partner sia pubblici che privati. L'autore ci prende per mano e così come faceva anni addietro con il nonno Sandro inizia il nostro itinerario fiorentino che parte da Piazza S.S. Annunziata dove ebbe inizio la grande rivoluzione del Rinascimento con la costruzione dello Spedale degli Innocenti, un particolare che pare essere stato dimenticato, un Rinascimento che per primo onora gli orfani, i figli non voluti, appunto gli Innocenti, nel 1419, ma l'austera piazza non è invasa dai turisti che rumoreggiano a poca distanza tra Piazza Duomo e via Calzaioli, e all'imbrunire i portici brulicano di sinistre presenze.
A pochi metri, a tutte le ore, file interminabili da ogni parte del mondo per conquistare la visione del David di Michelangelo, la scultura per eccellenza, mentre in tanti lasceranno la traccia del loro passaggio imbrattando i muri durante l'attesa. Un tempo sede di prestigiosi negozi destinati agli acquisti della borghesia cittadina oggi Via Cavour è invasa da negozietti cinesi. "Non è possibile non vedere, nel degrado di Via Cavour, scrive Doninelli, una metafora del destino di tutta la città. La città ha perso, pezzo a pezzo, la sua vera classe dirigente, quella capace di reggerla, di pensarla, di formulare strategie territoriali, di connettere passato e futuro". Dalla maestosa Cupola del Brunelleschi la cui costruzione andò a modificare radicalmente la fisionomia della città dando inizio a una nuova antropologia a Le Sante Marie Novelle, rispettivamente la Basilica e la stazione ferroviaria di Michelucci. Qui allo snack bar della stazione, dietro le casse e sommersi dagli espositori di caramelle e dolciumi vari, i due affreschi di Ottone Rosai realizzati per quello che all'epoca, 1934, doveva essere per il ristorante, ovvero il "ristoratore" sono presenze quasi imbarazzanti. Per lo stato in cui si trovano, andrebbero certamente restaurate e valorizzate nella loro collocazione originaria. Così come tutto l'edificio della stazione merita una attenzione e una valorizzazione di tipo museale.
L'itinerario fiorentino prosegue per Borgo Albizi, la via più bella città, per arrivare a Piazza Santa Croce e alla Cappella de' Pazzi, per scendere e attraversare l'Arno da Ponte alle Grazie dalla cui spalletta si può osservare il Corridoio Vasariano "eterogenesi del Cupolone, il suo rovesciamento: alla paidéia di quello contrappone il pugno duro, l'arroganza". Attraverso Borgo S. Jacopo si imbocca via del Presto di San Martino per arrivare a Santo Spirito, la grande basilica agostiniana con la facciata a intonaco in un continum architettonico tra interno ed esterno. Purtroppo Piazza S. Spirto uno dei luoghi più belli di Firenze e del mondo soffre di un male particolare " appare come una bellissima scatola vuota, desolata", e' diventata il regno di un "qualunque" tendente al basso. Ma adesso che la passeggiata volge al termine " E' necessaria – scrive Doninelli- una specie di riforma della memoria cittadina. E' necessario, in altre parole , che Firenze si stacchi dal proprio passato e cominici ad amarlo sul serio, da figlia adulta".
Salviamo Firenze
Luca Doninelli
Bompiani/GrandiPassaggi
Pag. 202
Prezzo: 12,50