
Prato – Il Decreto Dignità fortemente voluto dal ministro pentastellato Luigi Di Maio è passato ieri alla Camera con 312 sì, 190 no e un astenuto. Ora il passaggio al Senato, nell’aula di Palazzo Madama, dove il governo si augura la conversione in legge in tempi brevi e comunque prima della pausa estiva.
Non sono mancate le polemiche su alcuni provvedimenti che – secondo l’opposizione – invece di aiutare le aziende le penalizzano anche riguardo il mancato ascolto su un emendamento a favore delle aziende conto terziste. È questo ciò che è accaduto due giorni fa al deputato pratese di Forza Italia Giorgio Silli in aula a Montecitorio e che gli ha fatto poi dire: “prove tecniche di dittatura.”
In sostanza al forzista Silli è stata data la parola dopo che il suo emendamento (firmato anche dalla deputata Erica Mazzetti e da Roberto Pella, parlamentare del distretto manifatturiero di Biella) era stato bocciato e il Presidente della Camera Fico ha minimizzato l’accaduto dicendo: “Può succedere quando sono in tanti a votare.”
Secondo il deputato è un’occasione persa dunque per il distretto pratese che conta tantissime piccole e medio aziende che dipendono dalle commesse di altri e dalla stagionalità per cui Silli aveva detto: “Ci spendiamo ogni giorno per quello che siamo stati chiamati a fare: difendere gli interessi del nostro territorio, salvaguardare le imprese e preservarne le peculiarità. Poiché questo provvedimento creerà non pochi problemi alle imprese pratesi e non solo, abbiamo cercato di inserire dei correttivi che passeranno al vaglio delle Aule, nella speranza possano essere accolti e valutati”.
Chiedere una deroga rispetto a un utilizzo ai contratti a tempo determinato – ha continuato Silli – significava anche ascoltare in Parlamento il grido d’allarme che giungeva da Confindustria Toscana Nord espressa in una nota di Francesco Marini coordinatore del gruppo produttori tessuti dell’associazione di via Valentini: “Il decreto dignità non è un passo avanti per il mondo del lavoro italiano: è un passo indietro, perché introduce irrigidimenti che ostacolano le dinamiche delle relazioni industriali e favoriscono la precarizzazione”.
Riducendo infatti da 36 a 24 mesi la durata dei contratti a termine da 5 a 4 mesi la possibilità di proroga nonché le causali per giustificare il ricorso a un contratto a tempo determinato piuttosto che ad indeterminato, porterà a detta degli esperti le imprese e i lavoratori a una maggiore incertezza, con il risultato di creare minori possibilità di lavoro e di non riuscire a mantenere quelli stabili. “Ed è un vero peccato perché a Prato le aziende conto terzi sono una voce tra le più forti e trainanti dell’economia del distretto”.