
Firenze – Le forme criminali organizzate e/o mafiose trovano terreno fertile in un concetto che è quasi un tabù da affrontare: le cosiddette società parallele.
Non siamo di fronte ad una serie tv distopica ma ad un tipo di realtà che porta ad un mondo invisibile ai più, ma non a chi lo subisce, di realtà sociali parallele con le loro regole diverse e spesso discordanti rispetto alle società civili “normali”, ovvero che consideriamo tali secondo i nostri criteri etici e giuridici occidentali.
Esistono società parallele basiche che sono quelle tipo le zone off limits delle Cascine lato tramvia a Firenze, o dei vari boschetti urbani sparsi per l’Italia dove esistono strutture organizzate gestite da pusher nigeriani, centraficani e nordafricani, con alle dipendenze numerosi tossico dipendenti, acquirenti, ma in alcuni casi asserviti alle organizzazioni. Si tratta di gruppi che esercitano una sorta di controllo territoriale: non si entra nelle loro zone se non con grande difficoltà e grande pericolo.
Un livello successivo di società parallela è quello dei campi rom, modello obsoleto, in cui essenzialmente si vive con la loro legge non scritta. Lo step successivo è quello dei poli industriali cinesi nelle periferie delle grandi città dove, insieme a imprese legali, ne esistono altre che seguono altre regole e gesticono un territorio sfruttando i lavoratori e vendendo di tutto e di più in asse pure con i loro clan. Ciò avviene in realtà del genere del triangolo Firenze- Osmannoro – Prato, a Milano, Catania oppure a Parigi. Se ci si avventura in alcune di queste zone, o non entri o, se entri, sei subito censito come estraneo.
Un passaggio successivo di società parallela, in questo caso assai pernicioso, è quello dei cosiddetti quartieri ghetto, nati grazie a un modello sbagliato di approccio alla immigrazione o alla povertà. Si tratta di casi in cui la fallita integrazione, priva di inclusione, ha causato una vera e propria segregazione. Ciò avviene in numerosi quartieri ghetto di diverse città europee. Basti pensare alle città svedesi, a Bruxelles, alle banlieu francesi, ai quartieri ex operai di Torino, solo per fare alcuni esempi. In alcuni di questi quartieri, non tutti per fortuna, si rischia addirittura la Sharia.
Cosa fare quindi? Non esiste la bacchetta magica per una serie di società parallele così diverse tra loro, ma il fenomeno che si sta diffondendo sempre di più non va tollerato. La società parallela, estendendosi come concetto, mina la democrazia occidentale che cessa di essere modello per le persone. Una forma moderna di democrazia inclusiva ma attenta alla sicurezza, alle regole, con diritti ma anche doveri rigorosi, forse potrebbe essere l’antidoto ad una situazione disastrosa.