
Firenze – Una corretta informazione e descrizione delle diverse situazioni in cui ci si può trovare nel gestire la fase terminale della vita: questo il tema al centro del nuovo percorso di riflessione organizzato dalla Fondazione Stensen dal titolo “Il morire e la morte, gli interrogativi e i problemi più ricorrenti nel dibattito in corso”, realizzato in collaborazione con l’Accademia della Crusca e la Pontificia Accademia per la Vita.
Il primo incontro sabato 2 febbraio alle ore 15,30 con una breve riflessione linguistica a cura dell’Accademia della Crusca di Ludovica Maconie i bioeticisti Sandro Spinsanti e Marina Sozzi.
Questa la presentazione del percorso a cura della Fondazione:
Il miglioramento delle condizioni igieniche di vita in questi ultimi decenni, la sempre più diffusa informazione sanitaria e i crescenti sviluppi della ricerca e sperimentazione biomediche sono tra i fattori che hanno contribuito ad allungare l’aspettativa di vita, che in Italia supera ormai gli 80 anni, rispetto ai 47 del 1900.
La maggioranza della popolazione muore oggi nell’ospedale. Le trasformazioni avvenute nell’organizzazione dei servizi sanitari e gli incontestabili progressi delle tecnologie biomediche hanno come conseguenza che la persona sia sempre più espropriata della propria morte in quanto non le è consentito, qualora fosse ancora possibile, di farsi carico degli ultimi tempi della vita e di gestirli autonomamente.
Sorgono dunque numerosi interrogativi e problemi non solo pratici, inerenti alla gestione personale, famigliare e politica della fase terminale della vita, ma anche filosofici e teologici, concernenti, cioè, il senso della vita, quale è stato tradizionalmente recepito, il significato del “morire” e della morte oggi, in una società sempre più plurale, caratterizzata da una coesistenza di culture, etnie e confessioni religiose dai valori diversi e spesso non convergenti.
E’ proprio in questo contesto, in relazione cioè alla complessità delle implicazioni e delle possibili e prevedibili conseguenze antropologiche, etiche, giuridiche e sociali, che si propone oggi il tema dell’eutanasia o, nel senso etimologico del termine, di una “buona morte”, per acconsentire a ciascuna persona di riappropriarsi della possibilità di scelta sulle questioni che riguardano le ultime fasi della propria vita e la propria morte, possibilmente confortato da coloro che effettivamente e affettivamente hanno contato nel corso della sua esistenza.
Una “fenomenologia del morire” pertanto, ossia, una corretta informazione e descrizione delle diverse situazioni in cui ci si può trovare nel gestire la fase terminale della vita, ma anche una breve riflessione linguistica su alcuni tra i termini più ricorrenti del dibattito in corso, è una condizione previa che non può essere trascurata o evitata per affrontare in modo appropriato, corretto e possibilmente completo il problema del senso e dell’eventuale ammissibilità etica o meno dell’eutanasia.