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Terremoti e accise: in 50 anni spesi 70 miliardi per ricostruire, incassati 145 Economia

Firenze – Il conto lo fa la Cgia di Mestre: a fronte di una spesa per le ricostruzioni complessiva di tutti e sette i terremoti che in 50 anni hanno funestato il nostro Paese pari a 70 miliardi (stima proveniente dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, 70,4 miliardi di euro nominali, 121,6 miliardi se attualizzati), l’incasso derivante dallo Stato sulle accise (la quota aggiunta al prezzo del carburante) è stimato 145 miliardi nominali, spicciolo più, spicciolo meno. Infatti, informa l’Ufficio studi dell’associazione artigiana veneta, per far fronte alle opere di ricostruzione delle zone interessate dai terremoti del Belice (1968), del Friuli (1976), dell’Irpinia (1980), delle Marche/Umbria (1997), della Puglia/Molise (2002), dell’Abruzzo e dell’Emilia Romagna (2012) lo Stato in questi anni ha aumentato 5 volte le accise sui carburanti.

Gli aumenti sul carburante dunque sono scattati per cinque catastrofi su sette, vale a dire,  Valle del Belice (1968), Friuli (1976), Irpinia (1980), Abruzzo (2009), Emilia Romagna (2012). Solo i più recenti, dice la Cgia, “ovvero i sismi dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, presentano dei costi nettamente superiori a quanto fino ad ora è stato incassato con l’applicazione delle rispettive accise”.

Mettendo a confronto costi e incassi per ogni singolo aumento, si scopre che in gran parte i costi, seppur ingenti, non sono tali qualora si paragonino agli incassi, pur con le ovvie eccezioni segnalate. Per fare un esempio, per la Valle del Belice, il sisma distruttivo che avvenne nel 1968, il Governo guidato da Aldo Moro introdusse un’accisa sui carburanti di 10 lire al litro. Ed ecco i conti presentati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre: “Dal 1970 fino al 2015 l’erario ha incassato 8,6 miliardi di euro nominali. Secondo il Consiglio Nazionale degli Ingegneri la ricostruzione è costata 2,2 miliardi di euro nominali. In valori attualizzati al 2016, invece, il costo è stimabile in 9,1 miliardi di euro e la copertura ricavata dal gettito fiscale di 24,6 miliardi di euro”. La musica non cambia per il Friuli, sisma del 1976: “l’accisa introdotta sempre da un esecutivo presieduto da Aldo Moro fu di 99 lire al litro. Dal 1976 al 2015 questa imposta ha garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali. Attualizzando gli importi, invece, si evince che la spesa per la ricostruzione è stata di 18,5 miliardi di euro, mentre il gettito fiscale recuperato è stato di 146,6 miliardi di euro”. Irpinia, 1980: “il Governo di Arnaldo Forlani approvò l’introduzione di un’accisa di 75 lire al litro. In questi 35 anni di applicazione l’erario ha riscosso un gettito di 55,1 miliardi di euro nominali. Stando alle stime rese note dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la riedificazione degli immobili e delle infrastrutture è costata 23,5 miliardi di euro nominali. Se, invece, attualizziamo le cifre si deduce che il costo si è aggirato attorno ai 52 miliardi di euro mentre la copertura è stata di 86,4 miliardi di euro.  Abruzzo, 2009: “il Governo di Silvio Berlusconi ritoccò il prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una spesa ipotizzata dagli Ingegneri di 13,7 miliardi di euro nominali, lo Stato finora ha incassato 539 milioni di euro nominali. Attualizzando i dati, invece, il costo è sempre di 13,7 miliardi di euro e il gettito proveniente dall’accisa di 540 milioni di euro. Anche il caso dell’Emilia Romagna, sisma del 2012, presenta ad oggi lo stesso dislivello: “l’esecutivo presieduto da Mario Monti decise di aumentare le accise sui carburanti di 0,02 euro al litro. Stando ad una spesa per la ricostruzione che dovrebbe aggirarsi attorno ai 13,3 miliardi di euro nominali, il gettito riscosso fino adesso con l’accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione è stato di quasi 2,7 miliardi di euro nominali. Con i dati attualizzati, sia i costi che il gettito sono in linea con i valori nominali”.

Insomma, il vero problema da segnalare, al di là dell’introduzione degli aumenti sul carburante per far fronte alle ricostruzioni, che, come dice il segretario della Cgia Renato Mason, “potrebbe non essere sbagliato” di principio, è che “accisa assegnata no si leva”, vale a dire si continua a pagarla per anni e anni, senza fine. Tant’è che sembra scontata la domanda, a cui ancora non è giunta risposta, che avanza lo stesso Mason: “…. perché mai continuiamo a pagare quelle per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e per l’alluvione di Firenze del 1966 fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004 ?”. 

Tenendo conto di alcuni elementi, fra cui il fatto che per il terremoto delle Marche e dell’Umbria (1997) e per quello del Molise e della Puglia (2002) non è stata introdotta nessuna accisa, c’è da segnalare che, ricorda la Cgia, “con la Finanziaria 2013 il Governo Monti ha reso permanenti le accise introdotte per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto”. Non solo:  i “conti” dell’Ufficio Studi dell’associazione veneta sono al netto degli effetti del decreto legislativo 173 del 1999, secondo cui “i Presidenti di regione possono introdurre un’accisa locale per far fronte anche ai costi provocati dalle calamità naturali”.

 

 

 

 

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