
Firenze – A rischio almeno 30mila posti di lavoro. Il settore è quello del terziario toscano, in particolare i comparti che lavorano col turismo e i pubblici esercizi. Un’ecatombe occupazionale, “se il Governo non interviene con nuovi ammortizzatori sociali che aiutino le imprese ad evitare i licenziamenti”. Lo scrivono in una nota congiunta Confcommercio Toscana e i sindacati regionali dei lavoratori del settore Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil.
“Con il rialzo dei contagi e le nuove regole di contenimento della pandemia, molte imprese sono di nuove piombate nell’incubo – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – avivere le situazioni più drammatiche sono i comparti di turismo e pubblici esercizi, discoteche in testa, ma nei centri storici delle città d’arte la crisi tocca un po’ tutte le attività, dal commercio ai servizi. Senza turisti, con pochi residenti e ora con i lavoratori di pubblico e privato spesso nuovamente assenti perché in smartworking, i locali hanno perso il 70% degli incassi e oltre. Difficile dire quanto possano ancora durare queste aziende, già logorate da due anni di stop-and-go. Va meglio nelle periferie e nei borghi più piccoli, dove si lavora con i residenti, ma anche lì la riduzione degli affari c’è, sebbene limitata ad un 30% circa”.
Un lockdown mascherato, che tocca, stavolta, non alle imprese ma alle persone. La definizione è del presidente di Confcommercio Aldo Cursano, che aggiunge: “Così, il Governo evita di prendersi responsabilità e ci abbandona a gestire la crisi da soli”.
“Con incassi in picchiata e costi che continuano a correre al rialzo, vedi le bollette, la nostra priorità ora è sopravvivere – continua Cursano – e questo
significa che, se la cassa integrazione non sarà rifinanziata, ricorrere ai licenziamenti sarà per noi uno strumento di legittima difesa. Ma sarà come gettare al vento anni di sacrifici, di formazione e di esperienza, quel saper fare che solo un dipendente ben preparato può possedere ai massimi livelli. Quando ripartirà l’economia, tutte le nostre imprese saranno più povere, senza le persone alle quali ora sono costrette a rinunciare. Sarà più povero tutto il nostro Paese, che così rinuncia ad un modello produttivo e distributivo che ha creato uno stile di vita invidiato nel mondo”.
E molto forte è anche la preoccupazione, per il mancato protrarsi delle misure definite nei mesi scorsi, che giunge da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil regionali. “Sono a rischio l’occupazione e il reddito per lavoratrici e lavoratori del turismo, del terziario e degli appalti di servizi, ancora interessati dalla crisi – dicono dai sindacati – per le categorie del commercio, del turismo e dei servizi di Cgil, Cisl e Uil della Toscana si rende necessario provvedere immediatamente ad una ulteriore proroga degli ammortizzatori con causale Covid e del blocco dei licenziamenti, per evitare che nei primi mesi dell’anno esploda una crisi occupazionale che, sinora, si è riusciti ad evitare”.
“La cassa integrazione Covid è terminata il 31 dicembre scorso e ancora il Governo non è chiaro su chi e come potrà sperare in un suo rifinanziamento. Ma il terziario non è figlio di un dio minore, così come non lo sono i suoi lavoratori – concludono il presidente e il direttore di Confcommercio Toscana Aldo Cursano e Franco Marinoni – la chiusura di una fabbrica con centinaia di operai, fa giustamente notizia e provoca reazioni sdegnate. Vorremmo che lo stesso sdegno nascesse di fronte al pericolo che migliaia di dipendenti di piccole aziende di turismo e commercio, perdano il posto”.
Di lockdown mascherato parla anche Confesercenti, che sottolinea, in una nota, alcuni dati: il 51% dei consumatori toscani dichiara di evitare di servirsi di bar o ristoranti; il 32% ha rinunciato a fare un viaggio o ha disdetto una vacanza già prenotata. Un milione di persone in Italia, quasi 80 mila in Toscana, “hanno rinunciato a fare shopping per paura dei contagi con vendite che hanno rallentato fino quasi allo stop”.
Inoltre, rileva la nota di Confesercenti, col 48% dei dipendenti del settore privato toscano già in smart working o che prevede di tornarci a breve, e con oltre 400 mila lavoratori del privato in Toscana che non si muovono per lavorare, si produrrà un forte impatto sui pubblici esercizi nei centri città e nei quartieri di uffici: 850 milioni di euro al mese di minori consumi in Italia, di cui circa 70 milioni solo in Toscana.
Omicron ha pestato forte anche sull’attività alberghiera. Come si legge nella nota di Confesercenti, se a Roma è rimasto chiuso, per assenza di turisti, un albergo su tre, a Firenze si arriva a uno su cinque, con un tasso di occupazione medio inferiore al 30% delle camere nelle principali Città d’arte. In Toscana, la perdita di fatturato oscilla tra il 70 e l’80%, ma è in riduzione a causa delle cancellazioni di congressi e meeting. Triplicato il costo dell’energia per gli alberghi assimilabili di fatto ad attività energivore.
“Il quadro previsionale che era stato annunciato con la Legge di Bilancio si è radicalmente modificato: l’aumento dei contagi ha creato un clima di sfiducia che sta frenando i consumi delle famiglie – commenta Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana – un problema soprattutto per le piccole e piccolissime imprese italiane del turismo, della ristorazione, del commercio e dei servizi. Così si rischia di mettere la parola fine alla ripresa – continua Gronchi – in questo quadro non basta ‘non escludere’ l’ipotesi di nuovi sostegni, bisogna intervenire al più presto, con misure adeguate a tutelare l’attività ed il lavoro delle imprese colpite, a partire dalla proroga degli ammortizzatori sociali COVID e dell’esenzione del pagamento del canone unico per le attività commerciali almeno fino al 30 giugno 2022. Ma occorre dare continuità anche alle misure per il credito previste dal DL Liquidità, che ha messo a disposizione delle imprese circa 169 miliardi di euro di finanziamenti. Occorre agire subito, il clima di incertezza richiede interventi congrui e urgenti”.