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Vedovina in quel luogo di nefandezze Rubriche

‑ Ci avete altri in casa?
‑ Ci ho una vedovina! ‑ rispose quasi ridendo, e acconciando il volto a innocenza. – Là… ‑
Entrammo per una buca, che figurava il vano di una porta.
Ci trovammo in una specie di stambugio, la cui tettoia andava sempre inclinando sino a che, a un certo punto, si alzava appena un mezzo metro sull'impiantito.
Stesa su un pagliericcio era una donna giovane, di una bellezza gracile, e presso che cancellata chi sa da quali eccessi e quali dolori. Non avea altra coperta che i suoi vestitucci sbrendolati. Accanto al letto, per tavolino, un regolo infisso su quattro altri regoli di legno rozzo: uno di quelli strumenti, che sogliamo chiamare caprette. E sulla capretta posati varii piccoli oggetti: una treccia di capelli, segno che la donna giovane, e un po' avvenente, anche arrivata all'ultimo grado di cinismo e di squallore, serba sempre una certa civetteria.
Sulle pareti sbozzolate di quello stambugio erano iscrizioni grottesche, o inique; bestemmie, figuracce. Ma la vedova dormiva tranquilla. Vedova?… Dì chi ?… di quanti? Giovane, sola, in quel luogo di nefandezze, in mezzo a tanti ribaldi? Come la sventurata sarà giunta lì? ‑ Come ne uscirà? L'avrei volentieri svegliata, perché mi raccontasse la sua vita. Nell'apprendere i casi di certe esistenze si provano le vertigini: è come affacciarsi ad un abisso.
Misere creature, che scendono, e non trovano una mano soccorrevole. Ecco i veri irredenti da sollevare! Ecco l'opera per le democrazie serie ed illuminate!
V'immaginate, ad esempio, la connivenza, il duo tra il fanciullo quattordicenne, che ha subìto dodici condanne, e la vedovina… che forse non è stata mai maritata?

Jarro, Firenze sotterranea, 1881

mmagine: illustrazione di Fabio Fabbi per la quarta edizione, 1900, di Firenze sotterranea

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