
Pistoia – Quella che stiamo per raccontare è una storia che sa di fiaba, sul genere del c’era una volta… la storia inizia con Antonio Mumolo, un ragazzo brindisino dal cuore generoso che, alternando Ovidio e Dante al volontariato, brillantemente conclude la formazione liceale per poi trasferirsi a Bologna a studiare giurisprudenza.
Qui, è prima un giovane studente che non smette mai di dedicare un po’ del proprio tempo a prendersi cura degli altri, poi un giovane avvocato che da sotto i portici della “dotta” inizia a fare della propria professione un impegno concreto di solidarietà sociale.
Le voci corrono più velocemente quando a evocarle è la disperazione. Quelle voci lo chiamano quando il giovane avvocato trascorre le notti a distribuire coperte e pasti caldi. Sono le voci sommesse di un esercito di ombre che si rivolge a lui per chiedere soccorso alla propria dignità violata. Voci che rimbombano sotto i portici e nei corridoi del carcere cittadino, dove il neolaureato Antonio dedica molto tempo occupandosi del popolo dei carcerati, che ne percepiscono presto le qualità umane e professionali: inizia a intrattenere rapporti regolari coi detenuti, ad ascoltare le loro storie, e la disperazione prende la forma di parole scritte, sempre toccanti.
È spontaneo il desiderio di far conoscere fuori cosa succede fra quelle mura, così nasce il giornale “Le voci di dentro”, al quale collaborano detenuti e volontari: esce per un paio di anni, ogni 2 settimane, e racconta di tutto, tutte le riflessioni che venivano da loro, dalla fantasia alle emozioni più profonde, poesie e testimonianze… finché finisce, insieme ai detenuti protagonisti di questa avventura, nel frattempo, scarcerati. C’è da chiedersi, però, se la sorte che li aspetta “fuori” non sia peggiore. Molti di loro non hanno un posto dove andare, possono soltanto aggiungersi all’esercito delle ombre sotto i portici, dove Antonio continua a far volontariato, dove molti lo riconoscono e gli chiedono aiuto.
Siamo nel 1993, i giovani volontari decidono di organizzarsi e danno vita alla associazione Amici di Piazza Grande, una Onlus pensata appositamente per dare sostegno a coloro che vivono ai margini della società, alle persone senza dimora, a chi ha bisogno di vedere i propri diritti riconosciuti prima ancora che difesi. Si inizia subito con l’aprire laboratori in cui queste persone possono intanto recuperare la propria dignità attraverso il lavoro: piccola sartoria, riparazione biciclette, addirittura una compagnia di teatro amatoriale e poi “Piazza Grande”, il giornale di strada che ancora oggi continua a uscire, il primo giovedì di ogni mese, distribuito in alcuni punti fissi di Bologna. Di nuovo un giornale, scritto questa volta dalle persone senza dimora che insieme a giornalisti, volontari e professionisti raccontano le proprie storie, rivendicando il diritto di esistere dignitosamente: lo strumento sono queste pagine stampate, perché «Tendere un giornale è meglio che tendere una mano.»
Già molto, ma non abbastanza per gli Amici di Piazza Grande, che con la loro presenza partecipano all’esplorazione di un mondo “altro”, popolato da un numero impressionane di persone senza dimora. Un mondo che se una volta era composto al 95% da italiani con problemi di dipendenza o con malattie mentali, nel tempo è cambiato assecondando il mutare del sistema dominante. Un cambiamento che non può sfuggire alla sensibilità dei volontari, l’agire quotidiano permette loro di averne l’esatta percezione: è da questa loro sensibilità che si origina nel 2000 il progetto Avvocato di strada, appositamente pensato per tutelare i diritti delle persone senza dimora, offrendo loro un sostegno giuridico qualificato.
Senza dimora che sono cittadini privati dei loro diritti fondamentali, in primis il diritto alla salute, persone che «Vivono la povertà come se fosse una colpa, si nascondono. Si trovano battuti, sempre, sul tema residenza perché se finisci in strada la perdi, e di conseguenza perdi il diritto alla salute, salvo il caso di emergenze gestite nei pronto soccorso» come ha raccontato l’avvocato Mumolo. Il senso di vergogna nasce spontaneo in persone che fino a poco tempo prima hanno vissuto una vita diciamo “normale” (per intendersi senza usare troppi giri di parole), e diventate povere perché private del lavoro, quindi senza la possibilità di sostenere le spese della casa. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma oggi per strada vive un numero impressionante di persone (l’ultima stima rilevata da Caritas e Istat è di circa 60.000) sempre più lontane dallo stereotipo del clochard cui siamo abituati: sono persone che appunto nascondono lo stato di emarginazione in cui si sono trovati a vivere, all’improvviso e imprevedibilmente.
«Stiamo ancora facendo i conti con una legge del 1978, quanto i senza dimora non c’erano, e quindi non si pensava potesse negare la salute a qualcuno» continua l’avvocato Mumolo «Ieri (18 marzo 2022 n.d.r.) 10 grandi associazioni si sono trovate per parlare di questo problema e per modificare la legge sul servizio sanitario nazionale perché tutti possano avere medico di base» ha precisato l’avvocato Mumolo «L’obiettivo è di riconoscere la residenza come un diritto, sia individuandola nel posto dove dorme abitualmente, oppure in vie fittizie generate appositamente, basta dare il riconoscimento che permetta l’accesso ai servizi sanitari di base.»
Tema, questo, approfondito in “Senza tetto non senza diritti”, il rapporto di ricerca curato da Avvocato di strada sulla residenza anagrafica delle persone senza dimora, in cui – fra le tante cose – è evidenziato proprio come si sia modificato nel tempo il profilo dei senza dimora, divenuti oggi una popolazione sempre più variegata e, purtroppo, consistente. Fedele ai propri principi, Avvocato di strada ha aperto un canale in favore della popolazione ucraina, un servizio di informazioni a carattere generale, di orientamento alle funzioni sul territorio o verso altre necessità che riguardano la guerra in corso.
Se, scherzosamente, Antonio Mumolo si definisce a capo dello studio legale più grande l’Italia, molto seriamente noi consideriamo invece i numeri dell’organizzazione che coordina. Sono circa 1.000 i volontari (non solo avvocati, ma anche persone che aiutano per il lavoro di ricerca, di accoglienza, per la gestione del sito… insomma per tutto ciò che serve a mandare avanti l’associazione) che suddivisi in 57 sportelli di ascolto sparsi su tutto il territorio italiano (3 operativi in Toscana), lavorano per dare risposte ai senza dimora. Un lavoro sia quantitativamente sia significativamente considerevole, una formula di dialogo sempre più necessaria nella mutevole “liquidità” del quotidiano, in cui comprendere e tradurre in risposte pratiche le voci che arrivano dalla strada è cosa sempre più complessa. Rappresenta, se vogliamo, la professionalità richiesta al volontariato che, pur riconoscendo il valore della buona volontà, richiede di essere preparato nelle competenze da assolvere.
Formula applicata da Avvocato di strada alla selezione per “l’arruolamento” delle associazioni presso cui appoggiare l’apertura degli sportelli di ascolto: essere parte della rete significa inderogabilmente avere già pratica nell’occuparsi di persone senza dimora. Comprensibilmente, ci sentiamo di aggiungere, perché il livello qualitativo assicurato da Avvocati deve essere mantenuto: non per caso è a pieno titolo associata ad Asvis, essendo parte attiva per raggiungere l’obiettivo di contenimento della povertà.
Ma torniamo al nostro discorso di partenza, il “c’era una volta”, per chiederci se, come in ogni favola che si rispetti, anche qui si possa o meno leggere un lieto fine. Probabilmente la risposta non è univoca. A un primo impatto verrebbe da rispondere che no, non può esserci lieto fine quando la miseria, materiale o spirituale questa sia, continua a crescere.
A pensarci bene, però, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, di positività possiamo trovarne molta. Non certo nei termini del classico “vissero tutti felici e contenti”, perché la realtà è ben altra: ma in momenti di grande difficoltà come quelli che stiamo vivendo, anche solo pensare che esistono persone così generose da dedicarsi ai più fragili senza aspettarsi nulla in cambio, va letto come un esempio di nobiltà al quale non siamo più tanto abituati. Piazza Grande la rappresenta, come tramite fra la strada e gli avvocati, secondo una modalità di lavoro esportata sulla rete dei 57 sportelli operativi, ai quali i senza dimora possono rivolgersi per trovare sostegno.
E, soprattutto, anche coloro che vivono con la sicurezza di un tetto sulla testa hanno l’opportunità di comprendere meglio la ricchezza del donare qualcosa a chi ha di meno, anche soltanto un po’ di attenzione affettuosa.
Recapiti Avvocato di strada in Toscana:
Firenze, presso Comunità delle Piagge di Don Alessandro Santoro
Avv. Silvio Toccafondi, firenze@avvocatodistrada.it
ogni giovedì alle 17,30
Lucca, presso PA Croce Verde
Avv. Serena Padula e Caterina Tanda, lucca@avvocatodistrada.it
ogni sabato alle 10,30
Pistoia, presso Raggi di speranza in stazione
Avv. Francesca Balli, pistoia@avvocatodistrada.it
www.avvocatodistrada.it
Nella foto: Antonio Mumolo